Il 29 maggio 2006 i governi europei, nella riunione del Consiglio Europeo per la Competitività, trovarono un accordo sulla cosiddetta “direttiva Bolkestein”, accordo che viene ricordato come il “compromesso Ghebardt”. Un testo, quest'ultimo, che sebbene abbia modificato alcune parti originarie della direttiva, ha mantenuto, di fatto, un profilo fortemente liberista e denso di concreti pericoli per gli attacchi ai diritti sociali e del lavoro. Il 12 dicembre 2006 il documento venne definitivamente approvato dal Parlamento e dal Consiglio dell'Unione Europea. Ed è vero, gli Stati membri dovranno recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali entro il 28 dicembre 2009. Cioè, gli Stati membri dovranno recepire una direttiva nella quale per i lavoratori dipendenti distaccati dal proprio paese d'origine verranno applicate solo le norme contrattuali minime del paese di destinazione, per i lavoratori autonomi varranno “regole” di completa liberalizzazione, spalancando le porte al principio del paese d’origine, al dumping sociale e ad un’ulteriore precarizzazione del lavoro. È bene ricordare inoltre che la definizione di “servizio” contenuta nella direttiva è quella di “attività svolta dietro erogazione di un corrispettivo economico a qualsiasi titolo”. È del tutto evidente che dietro questa definizione si nasconde, e nemmeno troppo bene, la possibilità di includere la quasi totalità dei beni comuni e dei servizi pubblici. Ad esclusione della sanità, rispetto alla quale però già da tempo è in preparazione una direttiva ad hoc. Su questo quadro una prima riflessione va fatta sull'enorme deficit democratico dell’Unione Europea per quanto attiene ai poteri delle autorità locali e governative che non potranno limitare la libera circolazione dei servizi se non per “motivate ragioni di ordine pubblico, salute pubblica e tutela ambientale”. Siamo di fronte, cioè, all'abdicazione forzata dal proprio ruolo da parte della politica in favore del mercato. E tutto questo nonostante le grandi manifestazioni e mobilitazioni dei movimenti sociali e sindacali che si tennero in tutta Europa; basti ricordare la grande manifestazione di piazza a Roma il il 15 ottobre 2005. Tutto questo nonostante in Italia 7 Regioni, 26 Province e diverse decine di Comuni abbiano costituito un Coordinamento Nazionale contro l’espropriazione dei propri poteri. In Italia, il governo che dovrebbe recepire la direttiva, anche questo è bene ricordarlo soprattutto ai sostenitori delle “opportunità” immaginifiche della Bolkestein, è il Governo Berlusconi iperliberista e fautore della legge 30, un governo antidemocratico e antipopolare, incapace di affrontare la drammatica crisi economica e sociale che attraversa il paese, ma capace di riscrivere le regole della contrattazione a danno dei lavoratori sostituendo il contratto nazionale con nuove gabbie salariali per abbassare ulteriormente stipendi e salari già fra i più bassi d'Europa, di privatizzare con il decreto Ronchi, in sole due settimane e a colpi di voto di fiducia, tutti i servizi pubblici locali, di trovare le risorse solo per banche e speculatori, cioè per i responsabili della crisi, di inventarsi “scudi fiscali” per gli evasori” e di aumentare le tasse a lavoratori dipendenti, artigiani e pensionati. Alla faccia dell'opportunità! E per chi? Ma certo, per chi pensa che anche nella crisi si possa fare profitto attraverso la privatizzazione dei servizi pubblici ed un'ulteriore precarizzazione del lavoro. In Umbria nel luglio del 2005 il Consiglio Regionale approvò con 18 voti favorevoli e 8 astenuti un ordine del giorno recante “Interventi ai fini del ritiro della direttiva europea cosiddetta Bolkestein - Contrarietà della Regione Umbria alla privatizzazione dei servizi e al dumping sociale ai fini della salvaguardia del sistema di diritti dei lavoratori europei.” Ecco, penso che dobbiamo ripartire da qui per opporci con forza ad una direttiva ingiusta e pericolosa che aumenterebbe soltanto le già pesanti disuguaglianze sociali presenti nel nostro paese e in Europa. Ben altre sono le cose da fare, come l’immediata abrogazione della legge 30 in direzione di nuovi ed estesi diritti del lavoro per tutti, il blocco immediato dei licenziamenti, l'istituzione del reddito sociale, l'estensione degli ammortizzatori sociali, una facilitazione per l'accesso al credito per le piccole e medie imprese, una nuova politica industriale, l'inclusione di tutti i beni comuni e dei servizi pubblici nel novero dei Servizi di Interesse Generale, in quanto tali indisponibili alle leggi del mercato. Parta dalla nostra regione la ripresa della mobilitazione contro la Bolkestein, per rivendicare la nostra autonomia e la nostra storia. Tra le pressioni di un'Europa tenuta sotto scacco dalle banche, tra il modello liberista del Nord Italia, tra le forme di governo clientelari ed assistenzialiste del Sud, occorre credere e lavorare per un’identità politica, sociale ed economica dell’Italia mediana. Non astratta, ma strettamente connessa alle sfide e ai problemi del nostro tempo. Una politica comune dell’Italia mediana, necessaria per fare massa critica e resistere alla destrutturazione del modello sociale che vuole imporci il governo nazionale e l'Europa attraverso la Bolkestein. Un altro motivo per andare a Roma sabato prossimo 5 dicembre, per chiedere le dimissioni di Berlusconi e del suo governo. Per parte nostra, la mobilitazione continua. Enrico Flamini Segretario Provinciale Prc Perugia Condividi