«Dichiarare esplicitamente che si lavora per un'altra società». Per Fulvio Perini, dirigente sindacale della Cgil a lungo impegnato in materia di sicurezza, dov'essere questo il biglietto da visita, ma anche l'obiettivo, della Federazione della Sinistra. Per l'esponente dell'associazione «lavoro e solidarietà», che è tra i soggetti promotori della Federazione, «senza un soggetto che abbia una visione e una capacità politica autonoma, non si riesce neanche a ricostruire l'autonomia e unità dei lavoratori». Da cui, invece, ritiene sia fondamentale ripartire.
La prima cosa che si nota nel debutto della Federazione è che, tranne "lavoro e solidarietà", le sole sigle sono di partito. Non rischia di essere un limite già in partenza?
Innanzitutto c'è una ragione politica pura e semplice. Determinata dal fatto che è indispensabile che in questo paese ci sia un soggetto che abbia una visione critica generale del sistema capitalistico; del sistema economico, sociale e politico italiano. E mi pare che questo elemento negli ultimi anni si sia via via andato perdendo a sinistra. Il mio scopo, invece, è proprio ricostruire un soggetto capace di svolgere sia sul piano teorico che su quello dell'iniziativa massa una critica e una lotta per obiettivi cambiamento.
Per dire le cose col loro nome, si tratta di un riferimento critico verso chi ha intrapreso la via della scissione dal Prc e dell'alleanza col Pd, cioè Sinistra e libertà?
Dopo la sconfitta dell'anno passato, quella discussione che si è avviluppata tutta sulle forme della politica, il rapporto con l'elettorato e le alleanze, nascondeva secondo me la questione chiave: cioè se sia possibile o meno avere nel nostro paese una forza politica autonoma. Bisogna impegnarsi in modo molto trasparente e anche con disposizione alla reciprocità del confronto nella ricostruzione di questo elemento progettuale. E dichiarare esplicitamente che si lavora per un'altra società. Se no ci si perde nel movimento d'opinione oppure in una radicalità senza antagonismo. E alla fine vince il pensiero debole.
Ma non è anche questa disputa così categorica tra autonomia sì e autonomia no che alla fine è divenuta indigesta al popolo di sinistra, inducendo la frattura con la classe politica?
Per come la vedo io, senza un soggetto che abbia una visione e una capacità politica autonoma non si riesce neanche a ricostruire l'autonomia e unità e dei lavoratori. Il soggetto politico deve essere parte dei lavoratori e vissuto come tale, anche dialetticamente, all'interno delle classi lavoratrici. Dico anche dialetticamente perché, stante la situazione attuale, la lotta per la riconquista di un'egemonia culturale va pienamente dispiegata.
Stante la situazione attuale, ovvero l'egemonia della destra e del berlusconismo che penetra fortemente anche fra le classi lavoratrici?
La destra sfonda perché il singolo operaio, che vive contraddizioni pensantissime sul luogo di lavoro e che non è più in grado di immaginarsi e progettare un futuro, ha di fronte a sé solo la risposta individuale. A fronte di questa condizione, o hai la destra o la delega attraverso un modello populista. Quello che non hai più è una partecipazione reale e collettiva. Quindi ci aspetta una battaglia durissima, prima per contenere e poi per cambiare le tendenze in atto tra i lavoratori. Oggi come oggi sembra di vivere in un modello di organizzazione del lavoro mutuato dalla catena di montaggio di "Tempi moderni" di Chaplin, dove se disturbi il tuo vicino quello ti prende a calci nel culo.
D'altra parte nell'astensionismo di sinistra c'è anche una critica che rivendica proprio spazi individuali, non solo quella verso la subalternità al Pd…
Il distacco non è maturato per una critica culturale, ma per la delusione, il disincanto e anche per grandissimo senso d'impotenza. Se sei solo a cercarti lavoro, sei solo quando lavori, sei solo nel rapporto con lo stato, sei solo nel rapporto con l'informazione, se sei solo nel rapporto con il territorio e la comunità, o hai un'organizzazione collettiva cui far riferimento o è indubbio che tu vada alla deriva.
Quell'organizzazione collettiva cui far riferimento, però, ha finito per realizzare un'invadenza nella dimensione personale che è tra la ragioni del distacco…
Era invadente, sì. Ma anche molto astratta. Perciò non c'è dubbio che devi pensare al soggetto politico ma anche alle forme di organizzazione, a partire dalle forme di solidarietà tra i lavoratori. Occorre che nei luoghi di lavoro si realizzino specifiche organizzazioni operaie. E che si riprenda una nuova complessiva definizione dell'operaio di Marx, in quanto lavoratore che agisce in luoghi di produzione e riproduzione allargata. Stante il fatto che, col sistema attuale, è una sola classe che decide la divisione del lavoro e detta tempi e cadenze del lavoro delle singole persone, siamo all'apoteosi dell'alienazione: non solo vengono sottratte le condizioni del lavoro ma anche tanta parte dell'esistenza di un essere umano. Un processo di ricomposizione, dunque, non può realizzarsi che in parallelo. Infine non bisogna dimenticare nemmeno per un minuto che viviamo e agiamo nella globalizzazione, e che dunque va ricostruita una solidarietà di classe internazionale. Credo che sia in questo modo che si debba partecipare all'esperienza della Federazione, guadando al progetto generale e guardando alla ripresa dell'azione politica dal basso, come si diceva una volta.
In questo senso pensi che si possa stabilire elementi di continuità con il "No B day" del pomeriggio?
In una battaglia democratica devi incontrare anche forze molto diverse. Rispetto, per esempio, alla battaglia democratica sulla giustizia, penso che il nostro compito sia evidenziare che l'enfasi non va posta solo sulle norme ad personam ma anche sul fatto che col processo breve si realizza una giustizia di censo. Detto questo, vinci o perdi se costruisci la partecipazione.
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