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PERUGIA – I consiglieri provinciali Massimiliano Capitani e Laura Zampa del Partito Democratico sono i promotori di un ordine del giorno in cui “invitano Consiglio provinciale e Presidente della Provincia, anche attraverso gli uffici competenti, a coordinare i percorsi affinché ci sia il rispetto delle norme ambientali”. Il tutto nasce dalla questione della Ditta Cementir Italia srl che il 27 febbraio scorso ha richiesto all’Ufficio Urbanistica del Comune di Spoleto il parere sulla compatibilità e l’assenza di vincoli - verifica di assoggettabilità - per realizzare un impianto CDR (Ecoballe) della capacità massima di coincenerimento compreso fra 10 tonnellate e 100 tonnellate al giorno in località Sant’Angelo in Mescole. Il 18 settembre 2009 la Ditta ha presentato alla Regione Umbria un’istanza di avvio della procedura di verifica di assoggettabilità alle norme di legge, relativamente al progetto di utilizzo di CDR nel forno KHD n°1 della Cementeria di Spoleto”. A questo punto “alcune forze politiche e la popolazione si stanno mobilitando in un clima di forte stato di preoccupazione per ricevere risposte chiare, certe e rassicuranti dalle Istituzioni in relazione alle problematiche in oggetto”. Nel documento si ricorda come “il Piano regionale dei rifiuti – che fissa l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata entro il 2013 per garantire più longevità alle attuali discariche e consentire di gestire al meglio la partita dei rifiuti - prevede la nascita di un impianto di trattamento termico a servizio degli A.T.I. 1, 2 e 3 da realizzare nell’A.T.I. n°2”. Il CDR “non è un rifiuto solido urbano ma un rifiuto speciale e non rientra nel piano che prevede l’autosufficienza di smaltimento dei rifiuti nel territorio regionale e quindi potrebbe essere importato anche da altre regioni. Si tratta, inoltre, di un combustibile derivato dai rifiuti, una volta eliminati i materiali quali il vetro, metalli, inerti e la frazione umida (materia organica come scarti alimentari, agricoli etc..) e viene utilizzato per l’alto potere calorifero che sviluppa durante la combustione”. “Gli inceneritori – si legge nel documento - sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che danno come prodotti finali un effluente gassoso, scorie, ceneri e polveri. Ne esistono di vari tipi: a griglie, a letto fluido, a forno rotativo e a focolare multi – step”. “Si è accertato che esistono alcune alternative come i gassificatori e gli impianti di pirolisi e per questi le emissioni di polveri e le emissioni gassose sono molto minori rispetto ai metodi di incenerimento classici. In questi impianti i rifiuti vengono decomposti termochimicamente mediante l’insufflazione di una corrente di azoto ad elevate temperature ottenendo come prodotti finali un gas combustibile detto syngas. Un particolare tipo di gassificazione fa uso di una torcia al plasma a temperature comprese tra i 7000° e i 13000° C, che decomponendo del tutto le molecole, vetrifica tutti i residui eliminando le problematiche relative all’inquinamento, non permettendo la produzione di nessun componente gassoso tossico o pericoloso come diossine, furani o ceneri”. “Attualmente, la legge non prevede limiti specifici per le polveri fini (PM10, PM2.5, etc..) e in ogni caso le polveri trattenute nei depolveratori devono essere smaltite in discariche per rifiuti speciali pericolosi. Più sono alte le temperature di combustione e più aumenta la finezza delle polveri, le quali sono nocive a causa delle loro piccole dimensioni e per il fatto che con sé trasportano, tramite fenomeni chimico-fisici quali l’assorbimento, materiali tossici e nocivi come idrocarburi policiclici, benzene, metalli pesanti e diossine pericolosi perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi. I limiti di concentrazione degli inquinanti imposti dalle normative sono riferiti al metro cubo di fumi e non all’emissione totale, per cui i limiti sono relativi alla concentrazione dell’inquinante ma non al flusso di massa. I limiti si occupano della qualità dell’emissione ma non della quantità, cioè dell’impatto complessivo sull’ambiente e che per tale motivo le norme non garantiscono necessariamente un valore di concentrazione degli inquinanti sicuro ma si riferiscono ai valori che è possibile ottenere tecnicamente con gli impianti migliori”. I due consiglieri di maggioranza spiegano, infine, che “in Italia i costi dello smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento sono indirettamente sostenuti dallo Stato sottoforma di incentivi quali il CIP6 e il riconoscimento dei “Certificati Verdi”. Gli impianti di incenerimento venivano considerati come “da fonte rinnovabile”, mentre secondo la normativa europea solo la parte organica dei rifiuti poteva essere considerata tale. La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro in nostro Paese per gli incentivi dati dal Governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli “fonte rinnovabile”. Condividi