ANNA ASCANI Le imprese umbre che fanno investimenti in ricerca ed innovazione, nonostante i risultati sul piano produttivo siano a lungo termine, sono numericamente sopra la media nazionale. L’esperienza del nostro Distretto tecnologico, nato nel 2006 e che opera nel metallurgico con investimenti per 34 milioni di euro, ha permesso di conseguire risultati importanti, verificabili nella nascita e nel consolidamento di reti di imprese innovative all’interno dei singoli clusters (automotive, aerospazio meccatronica). Sono state realizzate reti aziendali, necessarie anche ai collegamenti con la ricerca nazionale. Dal 2004 al 2009 sono stati attivati pacchetti competitività a valere soprattutto sui programmi comunitari, per 168 milioni di euro, tramite bandi integrati che hanno interessato 2.127 progetti. Opportunità per i giovani neolaureati di rimanere in Umbria, sono stati offerte con gli assegni di ricerca dei quali hanno beneficiato 362 soggetti, con un risultato positivo che ha visto il 70 per cento di loro trovare nuova occupazione. L’Umbria, che ha in programma di continuare nelle azioni di sostegno alla innovazione almeno fino al 2013, è intervenuta a supporto dei soggetti portatori di idee imprenditoriali. L’Aur sta promuovendo anche una azione pilota per lo scambio di buone prassi per il sostegno alla creazione di reti tra università, centri di ricerca, mondo produttivo e istituzioni con particolare attenzione alla promozione della ricerca e della innovazione. Molto è stato fatto fin qui anche con imprese singole e di piccola dimensione sia nei settori della alta tecnologia che del tradizionale Made in Italy”. GIORGIO MENCARONI Dall’osservatorio delle 83.385 imprese iscritte al Registro Camere di commercio, cresciute nei primi mesi del 2009 di 171 unità, emerge una progressiva terziarizzazione delle economia umbra, con nuove attività che nascono nei servizi alle imprese e alle persone, nell’accoglienza al turismo, nei servizi finanziari, fino alla sanità ed al turismo. Moltissime sono microimprese, reggono l’economia umbra, e molte cambiano ragione sociale, passando a società di capitali (+13,7 per cento) rispetto alle individuali. Aumentano anche le aziende di cittadini nati in paesi extraeuropei: sono il 4 per cento, ed operano nelle costruzioni, commercio, ristorazione, agricoltura. Tutto da studiare, alla luce di quanto si è verificato in Emilia Romagna, è il fenomeno cinese. Segnali evidenti di crisi vengono dalle cambiali e tratte non onorate: sono in aumento del 19 per cento e nel periodo gennaio-agosto hanno generato 40 milioni di euro protestati. A fronte dei grandi problemi di credito, sono le piccole banche del territorio a rispondere meglio rispetto alle rigidità dei grandi istituti. Colgo l’occasione per ricordare l’importante ruolo che svolgono i Consorzi fidi, inevitabilmente in sofferenza: a proposito dovremmo evitare che proprio sui consorzi fidi vengano indirizzate le aziende meno affidabili. Sul fronte innovazione voglio sottolineare che il turismo, in perdita di un dieci per cento con la crisi, sta raggiungendo buoni risultati: otto strutture su dieci si avvalgono di prenotazioni via web. Ma voglio anche evidenziare due vere anomalie del comparto. Una nostra indagine evidenzia che ben il 16,4 per cento delle presenze totali in Umbria si è dichiarata ospite di amici, parenti o in seconde case. Ad un questionario cieco sulle località preferite per un soggiorno - senza indicazioni preventive - fra le prime dieci risposte non compaiono le città umbre che invece guadagnano il terzo posto quando si propone un elenco predefinito. In conclusione si può dire che le imprese umbre tengono più che altrove rispetto alla crisi, anche se le più piccole sono a rischio per problemi di credito. Guardando al futuro come chiede il convengo è indispensabile muoversi in tre direzioni: più liquidità alle aziende, anche velocizzando le riscossioni dalla pubblica amministrazione; più export; rilancio dei consumi”. Condividi