Finalmente i “nordisti” nostrani si sono svelati per quello che sono e lo hanno fatto attraverso l’atto fondativo della loro organizzazione giovanile. I “Giovani umbri padani” ci chiariscono, con la loro denominazione e con la loro simbologia pagana e celtica del tutto inventata, che sono estranei alla cultura e alla tradizione del nostro territorio, culla delle civiltà etrusche e romane ed erede di una cultura democratica e di sinistra, pacifista ed antifascista. L’organizzazione “si prefigge la riscoperta e lo studio delle origini dei popoli dell'Umbria e del resto della Padania”? Un “in bocca al lupo” è d’obbligo per questi neofiti della storiografia “barbara”.
Infatti, dopo i quotidiani tentativi di riscrivere la storia e la Costituzione da parte degli epigoni del fascismo, ci ritroviamo anche con dei “nordisti” con l’ambizione di ridisegnare la geografia dell’Italia. Certo, perché “padania” è un termine alternativo e corrispondente ad “Italia settentrionale” e, a parte le buffonate rappresentate da fittizie dichiarazioni d’indipendenza e costituzioni varie, l’Umbria, la Toscana e le Marche restano territori dell’Italia Centrale. Strano che i “nostri” non abbiano incluso nella Padania anche il Lazio e Roma, città quest’ultima dove Bossi, Calderoli e compagnia si trovano molto, molto bene! Ah, già, da quando ci sono loro Roma non è più “ladrona”.
I risultati? Continuano ad aiutare le banche del Nord, si inventano “scudi fiscali” per gli evasori, hanno sostituito il contratto nazionale con nuove gabbie salariali a vantaggio del settentrione, aumentano le tasse a lavoratori dipendenti, artigiani e pensionati, stanno smantellando la scuola pubblica e di stato, tagliano risorse e servizi ai Comuni, trovano i soldi solo per le infrastrutture del Nord e consegnano alle multinazionali la possibilità di arricchirsi gestendo la nostra acqua.
Quest’ultimo un altro bel modo per dimostrare la difesa del territorio!
Rifondazione comunista ritiene invece che, tra il modello settentrionale, dove sono vincenti i riferimenti al territorio e alla comunità come termini costituenti di una nuova identità chiusa, conflittuale, razzista e regressiva, e il modello meridionale, dove è forte il richiamo ad un’autonomia corporativa per rivendicare forme di governo clientelari ed assistenzialiste, occorra puntare nella direzione della definizione di un’identità per l’Italia mediana.
Non astratta, ma strettamente connessa alle sfide e ai problemi del nostro tempo, caratterizzato dalla forbice crisi finanziaria ed economica-federalismo fiscale. Una politica comune dell’Italia mediana che riteniamo necessaria per fare massa critica e resistere alla destrutturazione del modello sociale che vogliono imporci i “padani”. Per continuare a dare ai nostri territori governi democratici e di sinistra.
Enrico Flamini
Segretario Provinciale Prc Perugia
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