PERUGIA - Il capogruppo IdV alla Provincia di Perugia, Franco Granocchia si esprime senza mezzi termini in merito al decreto contenente la norma sulla riforma dei servizi pubblici compresa la liberalizzazione dell'acqua. “ Mi auguro che il decreto, che  deve essere convertito in legge entro il 24 novembre, pena la decadenza non diventi mai una legge, altrimenti un bene pubblico, fondamentale per la sopravvivenza correrebbe il rischio di diventare così costoso da impedirne l’utilizzo alle fasce più deboli”. "Noi come IdV - assicura sempre Granocchia - siamo già pronti anche qui in Umbria a dare il via ad una raccolta di firme per il Referendum contro questa assurda legge che colpirà qualora messa in atto duramente le popolazioni dei nostri territori anche in termini di posti di lavoro". "Pochi grandi gruppi - nota ancora il consigliere provinciale - faranno affari d'oro a discapito dei cittadini che subiranno l'aumento delle tariffe dell'acqua . L’acqua bene preziosissimo non può divenire una merce qualsiasi ed essere  trattata alla stregua di questa seguendo le logiche spietate del mercato. Sono anni che ci battiamo con i comitati ambientalisti contro la privatizzazione dell’acqua con tanti amici,con comitati locali e regionali. Ancora più grave è il fatto che il Decreto modifica la natura stessa dello Stato e delle collettività territoriali, in questa logica i Comuni, in particolare, non saranno  più dei soggetti pubblici territoriali responsabili e garanti dei beni comuni, ma diventano dei soggetti proprietari di beni competitivi in una logica di interessi privati, per cui il loro primo interesse sarà garantire che i dividendi dell’impresa siano i più elevati nell’interesse delle finanze comunali e non le tariffe il più basse possibile per tutelare i cittadini”. Da parte sua il consigliere regionale Oliviero Dottorini (Verdi per i valori-Idv) ha presentato una mozione per impegnare la Giunta a presentare ricorso di costituzionalità avverso il decreto, perché, sostiene, "Il servizio idrico deve essere sottratto alle logiche del profitto e ai processi di privatizzazione". Lo stesso sostiene infatti che il decreto del governo "privatizza e mercifica un bene comune come l'acqua, sottraendolo all'autonomia degli enti locali e negando quindi il principio di sussidiarietà riconosciuto dalla Costituzione”. “Metteremo a disposizione di tutta la coalizione di centrosinistra la nostra mozione, consentendo a tutti di passare dalle enunciazioni di principio ai fatti. Su certi temi a nostro avviso non sono ammessi doppi giochi o escamotage. Questo provvedimento - spiega Dottorini - sottrae ai cittadini un diritto fondamentale, consegnando l'acqua, a partire dal 2011, agli interessi delle grandi multinazionali per farne un nuovo business per i privati e per le banche. E’ quindi assolutamente necessario opporsi in maniera decisa per evitare che i consigli comunali e i sindaci eletti dai cittadini siano espropriati della gestione dell'acqua potabile che, per legge, sarà privatizzata e consegnata al mercato. A questo scopo l’Italia dei valori ha promosso, a livello nazionale, un referendum per riaffermare che la gestione dell’acqua deve essere pubblica. Allo stesso modo è importante che anche i Comuni le Regioni facciano la loro parte. I Comuni inserendo nei propri Statuti il riconoscimento che il servizio idrico è privo di rilevanza economica, le Regioni approvando mozioni come quella da noi proposta”. “E’ importante ribadire ancora una volta – aggiunge - che l’acqua è un bene comune essenziale per la vita di ogni uomo, un diritto umano universale che non può divenire risorsa esclusiva. Tra l'altro il meccanismo introdotto dalle previsioni normative della legge 133 del 2008, oltre a considerare l'acqua come un bene di rilevanza economica, finirà a breve per comportare un aumento vertiginoso di costi per l’utente finale, con la costituzione di ulteriori enti politicizzati e costosissimi. Fino a oggi tuttavia era quanto meno riconosciuta facoltà alle amministrazioni locali e ai loro consorzi di esercitare la gestione attraverso società interamente pubbliche e sulla base di indirizzi e controlli diretti. Nel testo approvato in questi giorni invece, gli affidamenti a società interamente pubbliche vengono fatti decadere improrogabilmente nel 2011, a meno che l'amministrazione locale non ceda il 40 per cento delle sue quote nella società a soggetti privati. Una scelta scellerata. Per questi motivi – conclude - chiediamo alla Regione di intervenire con tutti gli strumenti a sua disposizione per evitare che un bene essenziale alla vita di ogni essere vivente venga mercificato e che la sua gestione venga consegnata alle regole del mercato e del profitto”. Condividi