di Nicola Bossi PERUGIA - Nella prima udienza davanti alla Corte d’Assise in Appello, Rudy Guede, già condannato a 30 anni per l’omicidio di Meredith Kercher, ha confermato in aula che ad uccidere Meredith sarebbe stata Amanda Knox e un ragazzo italiano (non ha citato testualmente il nome di Raffaele Sollecito). Il ragazzo ivoriano ha ribadito che aveva un appuntamento con Metx la sera del 1° novembre. “Ci eravamo dati appuntamenti il giorno prima – spiega – quando ci siamo incontrati ad un festa”. Poi, 24 ore dopo, i due si sarebbe incontrati nella casa di via della Pergola. “Mentre eravamo nell’appartamento Meredith incominciò ad arrabbiarsi e a inveire contro Amanda dicendo: ‘i miei soldi, i miei soldi’”: ha spiegato Guede riferendosi ai denari prelevati e spariti che sarebbero serviti per pagare la rata mensile dell’affitto per la camera. Guede ha confermato un approccio fisico con la ragazza, ma che non è poi sfociato in un vero e proprio rapporto sessuale. Quindici minuti dopo il giovane si è recato in bagno. “Dopo poco ho sentito le voci di Amanda e Meredith che discutevano dei soldi venuti a mancare. Ho capito che dicevano: dobbiamo parlare. Ho pensato fosse solo una discussione. E così mi sono messo ad ascoltare alcune canzoni da un i-pod”. Rudy riferisce però che poi ha sentito un urlo straziante ed è uscito dal bagno. A questo punto sarebbe avvenuto l’incontro con i due killer della ragazza inglese. “Mi sono precipitato a vedere cosa fosse successo e in camera di Meredith ho visto una figura maschile. E' stato un lampo e questa persona ha cercato di colpirmi. Sono indietreggiato e caduto. A quel punto ho sentito qualcuno fuori della casa che scappava e diceva ‘andiamo via, c’é un nero in casa’. Non ho avuto il coraggio di inseguirli, ma guardando fuori dalla finestra ho visto la sagoma di Amanda”. Guede avrebbe anche cercato di tamponare il sangue che usciva dal collo dopo il colpo di lama. “Meredith era agonizzante - ha sostenuto Rudy - e cercava di dirmi qualcosa, io le tenevo la mano. A quel punto sono entrato in uno stato di shock, in totale confusione. Nella mia testa c''erano tanti perchè senza risposta. Ho avuto paura. E in questo stato mi sono trovato in Germania senza avere nulla per cui scappare”. Il giovane ha concluso rivolgendosi direttamente alla Corte: ”Questo, signor giudice è quanto ho vissuto. Non ho niente da nascondere e non sono un bugiardo”. Attualmente la Corte è in camera di consiglio per decidere sulla richiesta di parziale riapertura del dibattimento avanzata dalla difesa. Condividi