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Paolo Cucchiari, Cgil aziendale Regione Umbria Vanda Scarpelli, segretaria generale Fp-Cgil Umbria Alcune notizie, relative alla Regione, apparse nei giorni scorsi su alcuni mass media ci obbligano a tornare a ragionare sugli effetti della cosiddetta riforma Brunetta. Ci saremmo aspettati che da un’amministrazione di centrosinistra venisse, finalmente, dopo lungo silenzio, un segnale diverso. E' evidente, infatti, che la manovra Brunetta, che produrrà effetti devastanti verso il lavoro pubblico ma nulli sull’efficacia della P.A., prende avvio da un’ipotesi ideologica non condivisibile: il rafforzamento della politica anche nella gestione delle amministrazioni. Si auspicava che dall’amministrazione si levasse almeno una voce per spiegare che la Regione non ha bisogno di controllare il traffico Internet dei propri dipendenti, perché l’utilizzo è già calmierato da lungo tempo e, comunque, perché in un ente di programmazione e controllo, come è la Regione, Internet è strumento ormai indispensabile di lavoro e che, di norma, i dipendenti regionali, come la gran parte dei lavoratori dipendenti, la mattina si recano al lavoro per lavorare. E’ proprio dal cosiddetto “sistema premiante”, che nelle intenzioni dovrebbe aumentare la performance del sistema pubblico, che occorre iniziare a fare un po’ di chiarezza. Ci chiediamo: quando mai togliere soldi alla stragrande maggioranza dei lavoratori a favore di una limitata elite, si è dimostrato premiante ed incentivante? Sembra piuttosto un modo per mortificare e frustrare chi lo subisce. La messa a punto del sistema di valutazione disegnato da Brunetta appare il classico elefante che partorirà un topolino: si crea una Commissione centrale con costi previsti intorno ai 4 milioni di euro l’anno; si prevedono poi, in ogni ente, organismi indipendenti di valutazione della performance; ed infine viene richiesto agli stessi enti l’adempimento di una serie di obblighi annuali che, se non realizzati, avranno come risultato l’impossibilità di erogazione della produttività ai lavoratori! Tutto questo per ottenere un risultato già fissato per legge (25-50-25) e per erogare, a quei pochi ritenuti meritevoli, cifre che rapportate alla mensilità, ammontano a poche decine di euro lordi. L’idea di volere trasportare nel pubblico impiego sistemi di valutazione del lavoro mutuati dal lavoro privato, appare quanto meno velleitaria. Per quanto ci si possa sforzare nella definizione di nuovi criteri oggettivi di valutazione, alla fine  tutto sarà limitato a considerazioni soggettive del dirigente di turno. Il timore è che alla fine (ricordiamoci che siamo italiani) oltre ad alcuni colleghi effettivamente meritevoli, verrà premiato chi avrà imparato meglio e più in fretta a dire “sì signore!”. Ed è ancor più intollerabile che per ottenere questo risultato si debba mettere in piedi un sistema macchinoso e farraginoso e caricare di adempimenti i vertici degli enti, con il solo scopo di erogare pochi spiccioli ad alcuni lavoratori. Adempimenti che peraltro sottraggono tempo ed energie a quella che dovrebbe essere l’attività primaria della  pubblica amministrazione: fornire servizi efficienti ed efficaci alla società. Per questo, continuiamo ancora a sperare che dalla nostra amministrazione di centrosinistra arrivi un messaggio a Brunetta e ai suoi ammiratori: la Regione non condivide l’impostazione ideologica di questa riforma! La Regione si riappropria delle proprie prerogative e, ad esempio, decide di non applicare pedissequamente “l’ambaradan di Brunetta”, in particolare per ciò che riguarda il sistema di valutazione e, anzi, lancia la vera sfida con la definizione e messa a punto di un’organizzazione del lavoro sempre più effettivamente performante ed efficace verso i nostri veri datori di lavoro, i cittadini. In questo la Regione avrà al suo fianco tutti i suoi lavoratori.   Condividi