Sono tante le tute blu ternane che stanno ‘scendendo’ a Roma oggi. O forse sono tante in generale, ed è per questo che “fanno tanto casino”, come dice qualcuno. O fanno tanto casino perché hanno alle spalle un sindacato di categoria storicamente tosto e tuttora deciso a non farsi mettere la mordacchia? “Eh bè, sono i dirigenti sindacali che danno l’esempio”, mi dice Gianni, sottobraccio a sua moglie. Sono tutti e due pensionati, e sono arrivati al pullman insieme a un folto gruppo di coetanei. E hanno l’aria di essere legati da sempre. “Ma scherzi? – mi fa Gianni – io lavoravo alla Concessionaria Fiat, tutto quel gruppo di palazzi, sai, dove ora c’è l’Oviesse. Solo lì eravamo 450. E mia moglie stava da Martinelli, lì dove ora stanno i Fratelli Fontana. Solo lì 25 persone. E si lavorava come treni! Come vuoi che non stiamo ancora assieme tutti”. Mantenere rapporti. Quel che diceva la prof, Alessandra, a proposito del continuo cambio di sedi che ne impedisce la stabilità. “Insieme abbiamo lottato per i nostri diritti – dice Gianni mentre guarda i ‘suoi’ compagni - abbiamo reso il nostro lavoro migliore, e andavamo a lavorare con piacere”. “Adesso è cambiato tutto”, e la moglie gli fa eco scuotendo la testa. “Tutto, tutto. Non esiste più niente”.
Lo chiedo a Germano, lavoratore edile dipendente praticamente da sempre da Pallotta, storica ditta ternana per l’edilizia civile e industriale. Solo a vedere come si presenta nel sito web, stupisci che in edilizia esista ancora un’azienda simile. Sarà solo la facciata? Davvero non esiste più niente? Germano dice che “questa è una ditta che ha i suoi dipendenti, e con quelli porta a termine le diverse commesse”. Che sia un palazzo da costruire o un forno su cui fare manutenzione, “quelli sono gli operai”, dice. “Ma ormai è un’eccezione, perché dagli anni ’90 in poi, nessuna ditta ha più lavorato così”. “Gli operai si prendono a cottimo, neanche più a giornata, devono finire quel dato lavoro nel più breve tempo possibile, e finito il lavoro è finito anche per loro. Nessuna ditta più assume operai a tempo indeterminato e se li porta dietro qualsiasi lavoro faccia. Nessuna. Oggi si lavora a cottimo, soprattutto ci vengono dal sud, da Napoli, e la mediazione la fanno i caporali”. Totalmente sotto ricatto, “figurati se si mettono a discutere della paga o delle condizioni di lavoro”.
E conoscersi, insegnare il lavoro? “Cos’è, una barzelletta?”, “noi, forse, una volta. E guarda che il lavoro non si insegnava neanche tanto, i vecchi avevano paura che i giovani glielo rubassero, il lavoro, ma il punto è che si faceva davvero apprendistato. Io ho fatto tre anni di apprendistato, certo la paga era poca, ma il lavoro si imparava davvero”. “E si imparava anche perché il lavoro doveva essere fatto bene, il tempo che ci si metteva doveva servire a fare un lavoro fatto seriamente, e sai come si diceva? ‘il presto è nemico del bene’”. E gli incidenti sul lavoro, chiedo, capitavano così come ora?. La sua faccia assume un’espressione sbalordita, come se avessi detto una cosa che non sta né in cielo né in terra. E me lo dice, in un certo senso. “Noi non sapevamo neanche cosa fossero gli incidenti. Sì, qualche graffietto ecco, Ma questo era. La media degli incidenti che c’è oggi non esisteva allora. Del resto, a fare un palazzo ci si metteva tre anni, non otto mesi come ora, e questo ti dice già tutto. E poi ci devi mettere che io per esempio, come delegato, ho sempre detto che se c’è un pericolo, una tavola fuori posto, un macchinario che fa problemi, gli operai si devono fermare. Gli operai si devono fermare!”, insiste, “non possono continuare a fare un lavoro fino a che le cose non sono a posto”. “Ma col cottimo, sono tutti sotto ricatto. E chi si ferma? Io invece no, e mi facevo sentire. Le cose dovevano andare come dicevo io, per me e per tutti gli altri, sennò niente”.
Gianni lo ascolta e annuisce. “E’ esattamente così”, dice con un tono che non ammette repliche. Ed è una fortuna, perché Gianni è un Rls in Thyssen, cioè un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. E anche se la tragedia di Torino sembra essere un rimosso, in realtà il risultato è che Gianni, mentre parliamo di sicurezza sul lavoro, assume l’espressione di uno che fa muro, di uno che “da qui non si passa”. “Tutte le regole ambientali devono essere rispettate, tutti i controlli fatti, e se c’è un problema, tutti fermi”. Accanto a lui Fabio annuisce. “Ecco, questa è una squadra”, mi dice Romanelli, il segretario Fiom di Terni. “Questi ragazzi sono nati con le lotte del magnetico”. Sanno cosa vuol dire resistere un minuto di più del padrone, anche se poi l’accordo ha dovuto raggiungere un compromesso.
Ma anche i ragazzi della Emicom hanno l’aria di sapersi spalleggiare, pur venendo da due stabilimenti diversi Massa Martana e Terni. E l’accordo separato? Come è stato preso? Mi raccontano gli scioperi spontanei, la rabbia. Comunque “adesso vediamo”. Non si sbilanciano, perché ora cominciano le assemblee separate, e per nessuno è una bella cosa. Alessandro Rampiconi, un vero fiommino doc, nato anche lui in Thyssen, sottolinea che il punto che più ‘scuote le viscere’ è proprio la democrazia. Il fatto di “non poter dire la loro su un contratto che gli appartiene, che li riguarda, che decide del loro lavoro”, è insopportabile per tutti. Certo inutile dire che “soprattutto in Ast, dove ancora sono tutti garantiti, c’è più forza di reazione. Lì dove la crisi è arrivata, dove sono in cassa, la gente si fa anche i conti in tasca”. “Il punto è far capire che qui si sta stravolgendo completamente la filosofia del contratto e tutti i diritti che tutela. Finito quello, non ce n’è più per nessuno. Neanche i 28 miseri euro di aumento di questo contratto”, già mangiati dal costo della vita, prima ancora di essere arrivati. E allora? E allora bisogna fare la faccia di Gianni. Insieme. Le premesse, a giudicare dagli scioperi scattati all’indomani della firma separata il 15 ottobre scorso, ci sono tutte. E oggi che tutta la Cgil è in piazza, è un buon inizio per invertire la tendenza anche fra i lavoratori edili, i tessili, i braccianti… tutti quelli che da troppo tempo non riescono più a “mantenere rapporti”.
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