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di Anna Maria Bruni Più di 100mila lavoratori si sono riversati oggi a Roma per la manifestazione nazionale della Cgil. Sono venuti da tutto il paese, dalla Sicilia alla Val d’Aosta, tutte le categorie presenti, dagli edili agli artigiani, dagli alimentatisi al pubblico impiego, dai metalmeccanici ai pensionati, dal commercio alla scuola e università. Alle 14,30 piazza Esedra è già piena, e il corteo, colorato e pieno di grinta si dispone già in direzione di Piazza del Popolo. 750 pullman e 3 treni sono stati mobilitati per accogliere le migliaia di lavoratori decisi a partecipare per dire la loro contro la politica di questo governo, e per gridare in piazza la rabbia per una condizione di crisi che ha tagliato, lo ricorderà Epifani nell’intervento di chiusura dal palco, “570mila posti di lavoro, di cui 350mila precari”. “Il posto di lavoro non si tocca, nord e sud uniti nella lotta”, è lo striscione dello Spi di Brescia. E chi meglio dei lavoratori pensionati può riportare in piazza questo slogan, lavoratori che hanno vissuto l’unità delle lotte negli anni ‘60 e ‘70 e sanno che l’unione è una forza irresistibile, che rompe qualsiasi tentativo di divisione. E ben lo sanno tutte le aziende in crisi, che prenderanno la parola dal palco per raccontare la situazione e chiedere a tutti di esserci, di essere con loro, di essere uniti. Dall’Eutelia-Agile, che solo pochi giorni fa a subito l’aggressione di una squadraccia capitanata dall’ex ad Landi, al call center del gruppo Omega (cui fa capo anche l’Agile), anche loro in assemblea permanente, e anche loro sottoposti a telefonate intimidatorie e minacce anonime, alla Phonemedia, stesso settore, l’Information Technology, e stessa sorte dell’Agile e dell’Eutelia. Nel corteo sfilano anche la Tirrenia, in via di privatizzazione con pesanti tagli dei posti e un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro, la sanità privata del Lazio, “senza contratto da 4 anni”, la Filcem di Viterbo, “10 anni di crisi, 10 anni di lotte”, i lavoratori precari della scuola di Roma insieme a tante scuole, fra cui la “Simonetta Salacone”, scuola elementare che sullo striscione scrive “Sanzione disciplinare a chi è libero di pensare”, uno slogan che riassume bene l’attacco all’autonomia della scuola, e ancora un enorme “Prato non deve chiudere”, che rimanda a un altro territorio devastato dalla crisi e dalla perdita di posti di lavoro, dove le persone, fa sapere una lavoratrice del tessile, sono costrette a rivolgersi alla Caritas per mettere insieme un pasto. E non sono i soli. La Cgil di Perugia è fra le più organizzate e agguerrite, perché non smette neanche per un momento di gridare i numeri della crisi al megafono, e la Cgil di Terni, che con altri cinque pullman ha messo insieme tutte le categorie e le aziende del territorio, dalla Tk Ast alla Emicom, con i lavoratori in Cgi dello stabilimento di Massa, e poi i lavoratori della scuola, gli edili, i trasporti, i pensionati. Il corteo attraversa piazza Barberini, Trinità dei Monti, il Pincio, un percorso un po’ anomalo che forse nelle intenzioni ha inteso far ‘visitare le meraviglie di Roma’ per evitare di ‘disturbare’ le strade dello shopping. Ma nessuno se ne dà pensiero. I fischietti arrivano ovunque, volano le prese in giro dai megafoni, “siam tre piccoli porcellin, Berlusconi Bossi e Fin, mai nessun ci dividerà, tralalala la la” è una di queste. Un lavoratore passa con l’ombrello aperto, ma non piove, è che si ripara sotto i ‘diritti’, la ‘dignità’, il ‘rispetto’, l’ ‘uguaglianza delle opportunità’ appesi alle punte. Il corteo arriva a Piazza del popolo, e non smette di fluire durante tutti gli interventi dei lavoratori delle fabbriche in crisi. Apre gli interventi una lavoratrice dell’Agile-Eutelia in occupazione, che racconta la svendita di un’azienda in attivo attraverso il passaggio di mano fra Eutelia, Agile e Omega, per fare soldi facili a costo zero, mentre i lavoratori non sono pagati da mesi, e ora in 10mila, fra tutte le aziende del gruppo rischiano il posto di lavoro, “ma –conclude – ora tutti gli stabilimenti, dopo Roma, sono in assemblea permanente, e tutti insieme resisteremo. Vogliamo l’incontro con il governo, e lo avremo”. Tutto il gruppo scenderà in sciopero per 8 ore martedì prossimo e i lavoratori saranno a Roma per dare vita a una manifestazione per cui chiedono adesione e solidarietà a tutte le categorie. Dopo di lei Amed, un lavoratore marocchino della Piana del Sele, fra quei mille “clandestini” che due giorni fa sono stati sloggiati all'alba dal ghetto di San Nicola Varco, dove vivono da anni in condizioni drammatiche, schiavizzati dai caporali per la raccolta dei pomodori, l'oro rosso di cui l’Italia è il secondo produttore mondiale. Una ricchezza tutta basata sullo sfruttamento di lavoratori che possono essere cacciati su due piedi e multati per reato di clandestinità, dopo essere stati spremuti come limoni. E poi ancora l’Alcoa, azienda del Sulcis Iglesiente cui è stata annunciata la chiusura per il 17 novembre, e dove 3 “colleghi, dal 2 novembre, sono in cima a un serbatorio a 60 metri d’altezza per difendere la nostra dignità. E non scenderanno, finché non avremo una risposta dal governo”. Mercoledì prossimo 18 novembre saranno a Roma, sotto Montecitorio, con i sindaci dei paesi di tutto il territorio. Nel frattempo cominciano ad arrivare le adesioni: Ferrrero del Prc, Di Pietro e Zipponi dell’Idv, che sono anche in piazza, Enrico Letta del Pd, Marco Ferrando del Pcdl, Sinistra critica, Sinistra e libertà e poi l’Arci, la Rete degli Studenti, l’Udu. Il segretario generale della Cgil Epifani conclude questa giornata ‘di resistenza’ ricordando i drammatici numeri della crisi, che “non è affatto finita”, come sostiene il governo. “Il peggio deve ancora venire”, ha detto Epifani, e sono tutti i lavoratori intervenuti e quelli in piazza a chiarire come stanno davvero le cose. Una crisi di proporzioni devastanti, “con 1 milione di lavoratori in cassa integrazione”, e “senza che vi sia stato un solo provvedimento da parte di questo governo”. “Non l’estensione della cig, nessun intervento per i lavoratori precari, nessuna politica fiscale”. Un governo “forte con i deboli, e debolissimo con i forti”, ha detto il leader della Cgil. Se non ci sarà nessun provvedimento sul fisco a favore dei lavoratori, “io – ha concluso – lancio da questa piazza la proposta a Cisl e Uil: facciamo insieme lo sciopero generale”. Condividi