Diciotto persone fra tecnici e giornalisti fino a questa mattina erano convinti di avere un posto di lavoro. All’ora di pranzo non ce l’avevano più. Possibile? Certo che sì. Se questo deve essere lo standard dell’impresa locale, ditecelo subito che prenotiamo un volo per un paese del terzo mondo scelto a caso. Sola andata. I fatti: come detto fino a questa mattina 18 persone della tv locale Rte24h erano tutti intenti a preparare i programmi da mettere in onda. Poi arriva la notizia: in onda deve andare solo il segnale di Canale Italia, tutti gli altri programmi sono sospesi. Qualcosa in più ve lo diremo intorno alle 15. Già dalla mattina, come scritto da Umbrialeft, fare uno più uno non era difficile: Giuseppe Ponti, patron della Ponti Group e di una squadra di calcio a Città di Castello, ha venduto tutto all’editore di Canale Italia Luigi Garbo. Secondo quanto apprende Umbrialeft, la firma sulla lapide di Rte24h è arrivata questa notte, a totale insaputa di tutti coloro che nella tv ci lavorano. O meglio, ci lavoravano. La cifra attorno alla quale le frequenze della tv dovrebbero essere state vendute si aggira intorno al milione e mezzo di euro. Contro i 4,5 spesi da Ponti qualche tempo fa. Un affarone, non c’è che dire. E per i dipendenti? Semplice, tutti in ferie (che culo!) e stipendi pagati fino alla scadenza del 31/12. Meno di uno yogurt. Chiudere un’impresa che da decenni fa informazione sul territorio, letteralmente dalla sera alla mattina senza che i dipendenti ne fossero minimamente informati, è una cosa da terzo mondo. Siamo sicuri che la gran parte sana dell’imprenditoria umbra avrà un sussulto. Altrimenti si prega gentilmente di piantarla di fracassarci le palle a cadenza regolare con l’etica d’impresa e il rilancio del modello umbro.
Fatto sta che ora Rte non esiste più. Canale Italia, che ha acquisito le frequenze, manderà in onda infatti solo le sue produzioni. Come ha confermato ad Umbrialeft il direttore del Tg di Canale Italia Cimarosti, “non sono previsti dorsi regionali”. Garbo compra semplicemente il mezzo per infilarci dentro i suoi contenuti. Tutta roba di prim’ordine, s’intende. Tra i volti più noti di Canale Italia infatti ci sono Vittorio Sgarbi (il paraguru della critica d’arte), Luciano Rispoli con il suo immarcescibile Tappeto Volante (“Ma che belleeeeeee paroooooleeeee”), Marco Predolin (quello delle televendite), Sergio Vastano (indimenticato e indimenticabile, per chi ha quasi trent’anni, interprete dello studente calabro fuori sede al Drive In: “U top du top, è chiaru stu fattu”), Roberto Ciufoli (il pelatone della Premiata Ditta), Ciccio Graziani (“Mister – diceva un giovane Ciccio a Lino Banfi ne L’allenatore nel pallone – quei cinque gol vi hanno dimagrito”), Augusto De Megni e l’ex Gatto di vicolo miracoli ed ex marito di Alba Parietti Franco Oppini. Più che un palinsesto: è come la nave Enterprise del capitano James Tiberius Kirk che a velocità di curvatura spazio-temporale ti riporta negli anni Ottanta.
Ma chi è Lucio Garbo? Figlio di Italo Garbo, un grande invalido che viveva della sua pensione di guerra, e di Elda Mazzucato, una casalinga che da giovane aveva lavorato in calzaturificio. Fini ai 18 anni ha vissuto con loro in un appartamentino di 80 metri quadrati. Dormiva in camera con la nonna Maria. Quando morì, la vestì lui. Il resto lo racconta lui stesso in una intervista al Giornale di Feltri: “È una storia tutta veneta. Estate del 1972. Mi guadagno qualcosa come magazziniere da un mio cugino concessionario della Sinudyne. Per stipendio porto a casa una radio. Mia madre vede il tasto Fm: “E questo a che serve?”. A niente, è vuoto, le rispondo. “Se è vuoto, qualcuno lo riempirà”. Infatti pochi mesi dopo apre Radio Base 101 in modulazione di frequenza, che annuncia: “Cerchiamo collaboratori”. Mia madre mi manda a presentarmi. Casa di borgata. Aspetto un quarto d’ora sul pianerottolo. La porta si apre. Un tizio mi fa entrare nel cucinino: “Dovresti sistemare questi”. C’erano pile di dischi in vinile sul pavimento. Comincio a dividerli per ordine alfabetico, m’invento un raccoglitore in compensato. È così che sono nate le dediche in diretta. Prima per trovare un 45 giri ci voleva una giornata”.
E poi da lì comincia a vendere pubblicità in tutta Padova tanto da diventare il più bravo. “Dopo sei mesi chiedo al proprietario di Base 101: potrei guadagnare qualcosina? “Per guadagnare devi raccogliere la pubblicità”. Mi metto a girare tutta Padova su un Ciao. Primo contratto con un falegname, 30.000 lire. Provvigione del 10%, quindi 3.000 lire. Mi faccio due conti: ne avevo spesi 2.700 di miscela. Questo lavoro non fa per me, dico a mia madre. E lei: “Se hai fatto un contratto il primo mese, il secondo ne farai tre”. Infatti. Divento il più grande venditore su piazza. Apro un’emittente mia: Nuova Radio. Un giorno un concessionario della General Motors mi mette in mano delle robe mai viste prima: “Mi sono arrivate dall’America”. Erano spot su videocassette formato Bvu. Penso: se negli Usa vogliono vedere le immagini anziché sentire le parole, presto sarà così anche qui da noi”. Da lì alla prima tv il passo è breve: “Mi reco a Dolo, dove c’erano 20 soci che avevano fondato la prima Tv libera del Veneto e che litigavano come matti. E con due compagni di cordata, in seguito liquidati, rilevo Serenissima. Funzionava così: un proiettore 16 millimetri, i fotogrammi del film che scorrevano sul muro e una telecamera che riprendeva il muro”. Da lì parte tutto. Forse sono solo coincidenze, ma nel novembre del 2001 Garbo fu nominato consigliere dell’allora ministro per le Telecomunicazioni Gasparri per i rapporti con l’emittenza locale. Insomma, l’uomo che sussurrava ai Gasparri.
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