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Dando un scorsa alle molteplici prese di posizione che si sono susseguite negli ultimi tempi da parte delle maggiori associazioni rappresentative delle piccole e medie imprese umbre, ci rendiamo conto che il tasto sul quale queste hanno pigiato di più è quello del credito. Molto hanno infatti insistito sul fatto che il sistema bancario, assai sensibili alle esigenze delle grandi imprese, trascurino quasi del tutto le analoghe sollecitazioni che vengono rivolte loro da aziende che grandi non sono, ma che assicurano al pari, se non più, delle prime, lavoro ed occupazione. Una rimostranza più che giusta la loro. Il problema è sicuramente reale poiché le banche italiane, oltre che essere le più esose in assoluto in campo europeo, più che attente a sostenere le idee e le capacità di chi sottopone loro un progetto meritevole di riguardo, paiono interessate a verificare le disponibilità economiche che il richiedente è in grado di offrire loro a garanzia di un eventuale prestito. Siamo alle solite, insomma: il credito è concesso solo ha chi possiede già risorse ragguardevoli e non a chi di queste risorse ha bisogno per crescere, per aumentare la sua capacità produttiva e con essa la ricchezza del Paese. Un bel problema per davvero, e però non è l’unico e, soprattutto, anche se lo risolvessimo non avremmo fatto poi un gran passo avanti. Altra questione che le pmi umbre e nazionali pongono con insistenza è quello dei ritardi con i quali le istituzioni pubbliche liquidano loro i corrispettivi per le forniture o i servizi prestati, addebitando questo fatto altrettanto innegabile, unicamente alle pastoie burocratiche che rallenterebbero le pratiche di liquidazione. Del tutto trascurata l’ipotesì tutt’altro che peregrina che gli infiniti tagli di risorse determinati nei loro confronti dal governo nazionale abbiano avuto qualche effetto non proprio positivo al riguardo. Comunque anche questo problema è reale, ma ugualmente anche se lo risolvessimo con un colpo di bacchetta magica, le difficoltà delle pmi non sparirebbero. C’è, infatti, una questione centrale alla quale, a nostro parere, non si può sfuggire: la necessità di ricostruire un mercato che è stato completamente distrutto da una crisi senza uguali. Poniamo il caso che alle nostre piccole e medie aziende riuscissimo ad assicurare tutto il credito del quale hanno bisogno per investire nelle loro produzioni e per retribuire la manodopera altamente qualificata che consente loro di presentarsi sui mercati (nazionale e internazionale) con le migliori chances di successo. E mettiamo anche che d’un tratto Comuni, Province, Regioni ed anche lo Stato, liquidassero con grande solerzie e puntualità i loro debiti, resterebbe pur sempre loro da risolvere il problema dei problemi: ovvero a chi vendere i prodotti che escono dalle loro aziende, visto che la platea dei consumatori si è fortemente impoverita in questi anni. Non è certo un caso se gli operai della Merloni si sono visti costretti un paio di giorni fa a salire per disperazione sulla più alta torre di Nocera Umbra e gridare al mondo che una famiglia non può vivere con meno di 700 euro mensili che, oltre tutto, rischiano di perdere a breve! E lo stesso dicasi per i milioni di pensionati, cassintegrati, precari, disoccupati che dispongono anche di meno. I piccoli e medi imprenditori umbri dovrebbero perciò essere consapevoli che se non si rimette in moto al più presto nel nostro Paese una consistente domanda di beni e di servizi, la sola capace di riaccendere il “circuito virtuoso” che è stato spento per effetto della manovre speculative operate dalla grande finanza internazionale, tutto il resto sarà solo un palliativo ad effetto limitatissimo. E’ a questa massa di consumatori, resa povera da queste manovre speculative, che dobbiamo dunque guardare in via prioritaria, per assicurare loro mezzi sufficienti per farli riaffacciare sul mercato. Da questa semplice considerazione ha preso avvio la proposta del “reddito sociale” formulata da Rifondazione Comunista che è dunque anche nell’interesse delle pmi sostenere. Condividi