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di Isabella Rossi Sono stati già a Pechino e a Capo Nord, la missione a Betlemme ha aggiunto intensi momenti all’album dei ricordi. Dal 1 al 30 ottobre, il punto di partenza è stato quello di arrivo, davanti alla fontana Maggiore di Perugia, in mezzo ci sono 13.700 chilometri percorsi in 178 ore di guida e un appuntamento a Betlemme per il 10 ottobre. Lì ad attendere Alessandro Bacci ed Emanuele Cruciani, i due vigili del fuoco, rispettivamente di 37 e 32 anni, che portavano in consegna alle autorità locali “doni e messaggi di pace”, c’era il coordinamento nazionale degli enti locali per la Pace, NG-Italiane, la Tavola della pace, l’Anna Lindh Fondation e le Regioni Umbria ed Emilia Romagna insieme alla Provincia di Perugia, con una delegazione di circa 500 persone, comprendente privati cittadini e rappresentanti istituzionali. L’iniziativa, promossa da Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, ha trasportato la tradizionale Marcia Perugia-Assisi in Terra Santa, dove si è trasformata, dal 10 al 17 ottobre, in una settimana di eventi ed incontri in dieci città israeliane e dieci città palestinesi. L’intenzione degli organizzatori, come aveva spiegato lo stesso Flavio Lotti dal sito www.perlapace.it, era quella di parlare con il maggior numero di gente possibile per riacquisire” la capacità di agire e capire” e per rilanciare la cooperazione, e per “ricostruire la speranza”. E la tensione, non solo in Terra Santa, ma anche fuori dai confini l’hanno toccata con mano Alessandro ed Emanuele, ai quali è stato vivamente sconsigliato di superare il confine iracheno quando erano solo 60 chilometri da Mosul: “Si vede da un chilometro che siete occidentali e lì la tua vita vale quanto un centesimo”. C’è stato anche un momento in cui “10, km dall’Egitto e 10 dalla Giordania i doganieri israeliani ci impedivano di entrare con in motocicli”, ma al secondo tentativo, il giorno dopo, è andata meglio. Il loro viaggio ha toccato molte terre, attraversando la Slovenia, la Croazia e i Balcani con Bosnia Erzegovina, Montenegro, Bulgaria, Cossovo, Albania, Macedonia, Grecia, Turchia e poi ancora la Siria, la Giordania, Israele ed l’Egitto. Le tappe, circa una trentina, erano scritte su un foglio, scrupolosamente preparato, ma molte sono state la variazioni fatte per anticipare i tempi. Ovunque i due ragazzi hanno parlato con la gente, quasi sempre ben disposta, e incuriosita da due adesivi: uno dell’Unicef, l’altro di una pin-up da fumetto. “Comunicazione internazionale”, scherzano i due ragazzi, accolti da familiari e colleghi, ma ad aiutarli ci hanno pensato anche le conoscenze linguistiche. Alessandro mastica l’ inglese, Emanuele, oltre all’inglese, anche un po’ di arabo, che studia da due anni. Le piccole storie da raccontare sarebbero tante, parlano di sofferenza ed isolamento, vissute da popoli vittime delle logiche di potere, ma anche di profonda umanità, senso di dignità e desiderio di contatto, come quella del serio capo dogana che li blocca ma poi vuole solo fare quattro chiacchiere, e prima di partire li ricompensa con un cesto di frutta. Entrambi ne hanno tenuta memoria per i numerosi amici, riuniti anche su facebook, aggiornando diversi diari in rete. L’11 ottobre scrive Bacci: “La nostra missione è finita. Abbiamo incontrato il sindaco di Ramallah, momento ancora più toccante in quanto loro non hanno il potere di Betlemme e sono ancora più isolati. L'emozione finale è stata data dall' Unicef e i suoi bambini. Adesso siamo in riva al mar morto, domani dopo aver provato l'ebrezza del galleggiamento, facciamo un salto in Egitto, se ci fanno passare, per un bagnetto normale e poi puntiamo le ruote verso casa.” Condividi