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di Anna Maria Bruni “Facciamo saltare l’accordo separato”. Questa è la parola d’ordine che firma l’assemblea nazionale dei delegati Fiom di oggi a Bologna. Un atto eminentemente democratico di riappropriazione di un contratto “di proprietà dei lavoratori”, a cui è stato impedito di avere voce in capitolo “togliendo loro voce e dignità”. Non usa mezzi termini il numero uno della Fiom Gianni Rinaldini, intervenendo in apertura dei lavori. E d’altra parte la sintonia con l’assemblea è totale. I 5mila delegati accorsi oggi nella città emiliana da tutta Italia portano addosso la carica degli scioperi di questi giorni, e per tutta la mattinata non smettono di gridare “sciopero, sciopero”, quasi a scandire il tempo del nuovo corso che questa assemblea apre. La riconquista di spazi di democrazia sostanziale, attraverso atti altrettanto sostanziali. “Questo non è un accordo separato sul contratto nazionale come lo abbiamo vissuto in passato. È ben più grave e intollerabile perchè definisce da oggi in poi un sistema di regole dove viene detto quello che si potrà chiedere e non si potrà più chiedere nei contratti nazionali e aziendali: è un accordo che in sé esclude la democrazia”, è lapidario il leader Fiom. "Mantenere in essere rapporti unitari – afferma Rinaldini - diventa un fatto di ipocrisia", e il gusto della verità dà spessore alle scelte, la prima delle quali, è appunto la rottura del patto di gestione con Fim e Uilm che ripartiva ‘de facto’ in maniera paritetica i voti, quindi non su base proporzionale. Da ora in poi i voti saranno attribuiti proporzionalmente, in base alla reale rappresentanza. Da qui, la formulazione di un documento che raccoglierà le firme su base nazionale, per dire no all’accordo ed esigere il referendum, con la stessa prassi che il Coordinamento nazionale Fincantieri adottò per contrastare il contratto proposto. Nel frattempo il 6 novembre le tute blu della Cgil andranno a Bergamo da tutta Italia, oltre che mobilitare l’intera provincia, per una manifestazione nazionale proprio nel giorno in cui si riunirà l'assemblea dei delegati Fim e Uilm, sorprendentemente presieduta dai rispettivi segretari generali Cisl e Uil, per discutere dell'accordo contrattuale che il 25, 26 e 27 novembre dovrebbe essere sottoposto a giudizio dei soli iscritti delle due organizzazioni firmatarie. Dal 9 al 13 novembre inoltre, 4 ore di sciopero con manifestazioni e presidi in tutta Italia. Ma non basta, perché la Fiom procederà anche sul piano legale, mandando avanti la diffida che Rinaldini aveva ventilato al momento della rottura del tavolo di trattativa. L’attacco su tutti i fronti esige una risposta su tutti i fronti. Il leader della Cgil Epifani, intervenuto nel corso dell’assemblea, condivide l’analisi di Gianni Rinaldini. “Sicuramente questa vicenda dei metalmeccanici è uno dei punti più bassi da decenni a questa parte perché avviene al di fuori di regole condivise, e nel vuoto totale”, ma è più cauto sulla questione dei rapporti unitari. “È un punto molto, molto delicato”, commenta. “Non era mai accaduto - fa notare Epifani - che di fronte ad un accordo separato si facesse una riunione dei delegati congiunta alla presenza degli altri due segretari generali. E’ la prima volta che questo avviene e ritengo che Fiom e Cgil devono tenere una linea di unità quando gli altri fanno una cosa che non avevano mai fatto”. Non un appoggio aperto, ma “una novità che crea un problema anche per noi”. In ogni caso, Epifani ci tiene a specificare che “lo sciopero Fiom è fatto per riconquistare il contratto e avere una procedura democratica, non è fatto contro gli altri”. D’accordo invece sui punti di contestazione al governo. Dal taglio dell’Irap, “specie dopo l'operazione scandalosa dello scudo fiscale che è stata una vera e propria vergogna”, è la denuncia di Rinaldini ripresa da Epifani, alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro e da pensione. “L'anno scorso chiesi la detassazione della tredicesima – ricorda Epifani - e non se ne fece nulla”. Aumento di salari e pensioni, estensione e aumento della cassa integrazione, e un serio piano industriale per mantenere l’occupazione e uscire dalla crisi. Secondo Berlusconi la crisi è finita? Il governo “scherza col fuoco”, ha detto Epifani. Ma da qui, oggi, è stata definita una frontiera. Quella della democrazia. Primo appuntamento, 6 novembre, a Bergamo. Condividi