Daniele Nalbone (da Liberazione del 25 ottobre 2009)
Lo scandalo fatto di trans, cocaina e carabinieri corrotti che ha travolto Marrazzo «riguarda la sua persona e a noi non deve interessare» spiega Ivano Peduzzi, capogruppo Prc alla Regione. Per il gruppo regionale di Rifondazione Comunista «Marrazzo avrebbe dovuto autosospendersi ben prima e per quanto fatto, e non fatto, in questi anni di governo». Partendo dalla questione dei rifiuti fino ad arrivare alla sanità, passando per l'emergenza abitativa e le politiche infrastrutturali, sono diversi i punti del programma elettorale 2005 dell'allora Unione non solo disattesi, «ma alcune volte letteralmente invertiti» spiega Peduzzi.
Rifiuti ed energia - Non basta che una Regione dica "no al nucleare" per potersi definire dalla parte dell'ambiente, soprattutto quando, da Malagrotta ad Albano, da Aprilia a Civitavecchia, l'unico motore a far girare gli ingranaggi della Regione Lazio è quelli degli interessi privati dell'imprenditore "alla vaccinara" Manlio Cerroni, del "libero editore" Carlo De Benedetti e della "onnipotente" Enel. Grazie alle puntate di Report sull'Oro di Roma, tutti sanno il ruolo dominante nel settore dell'incenerimento dei rifiuti e lo stretto rapporto con alcuni esponenti della Giunta Marrazzo della Co.ge.ma. di Manlio Cerroni. Ora, dopo Malagrotta, grazie alla Regione che ha rilasciato, in data 13 agosto, l'Autorizzazione Integrata Ambientale nonostante studi epidemiologici abbiano detto "no" alla combustione di rifiuti nella zona dei Castelli Romani, potrebbe a breve iniziare la cantierizzazione del gassificatore di Albano. Pochi, soprattutto i lettori di Repubblica e de L'Espresso , sono invece a conoscenza del peso nel settore energetico di Carlo De Benedetti. La "sostenibile" Sorgenia, società energetica del Gruppo Cir, è infatti riuscita, con le sue pressioni, a far cambiare idea a Marrazzo sulla centrale a turbogas che dovrebbe sorgere ad Aprilia (Latina), in località Campo di Carne. «Datemi un solo motivo perché questa centrale è pericolosa per la salute dei cittadini e io mi batterò con voi» disse l'allora candidato presidente Marrazzo intervenendo, in campagna elettorale, ad Aprilia. Ebbene, nonostante vi siano molte incognite sulla "sostenibilità" dell'impianto, soprattutto dovute alla regolarità della Valutazione di Impatto Ambientale, ormai scaduta, i cantieri della centrale sono ripresi nel totale disinteresse dell'organo preposto alla tutela dell'ambiente (e della salute dei cittadini): la Regione, appunto. Per non parlare della situazione della centrale a carbone di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, oggi in funzione nonostante non sia stata ancora rinnovata l'AIA, scaduta nel dicembre 2008, dove Marrazzo, dopo mesi di sostegno ai cittadini mobilitati contro il carbone, ha avuto un ruolo determinante nel facilitare i progetti della multinazionale Enel. Dopo aver scritto, a pagina 72 del suo programma elettorale, di voler «impedire la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord», a partire dal dicembre del 2007 ha iniziato una serie di incontri separati tra Enel e i Sindaci "resistenti" dei comuni attorno alla centrale per far si che una valanga di milioni di euro togliesse ogni perplessità sulla potenza inquinante dell'impianto.
Sanità - Dopo aver chiuso gli ospedali Forlanini e San Giacomo, a Roma, il commissario alla Sanità, Piero Marrazzo, ha fatto marcia indietro sulla struttura di via del Corso: per mesi il comitato "Salviamo il San Giacomo" si è infatti battuto per evitare la morte dell'unico ospedale del centro di Roma, ma i troppi interessi che si erano mossi intorno a una struttura di valore inestimabile a pochi passi da Piazza del Popolo, hanno portato la Regione Lazio a chiudere il nosocomio. Ma il gioco è saltato per "colpa" dei cittadini che hanno resistito, fino alle cariche, all'interno dell'ospedale chiuso precisamente un anno fa. Niente albergo di lusso, quindi. Ora o quell'edificio tornerà ad essere ospedale o, per legge, dovrebbe rientrare in possesso della proprietà, la famiglia Salviati. E allora ecco che il 15 ottobre, in piena discussione sul piano sanitario regionale, Marrazzo dichiarò che «il nuovo San Giacomo riaprirà» trasformato in «un centro per assistere malati terminali, con residenze per anziani e con un centro di igiene mentale». La chiusura si è quindi trasformata, in un solo anno, in "riconversione". Tutto questo in uno scenario, quello del piano sanitario approvato la scorsa settimana, che ignora il fallimento delle politiche aziendalistiche e l'incompiutezza del processo riformatore iniziato negli anni settanta. «In particolare - spiega Peduzzi - il piano risulta deficitario sulla prevenzione primaria e sull'organizzazione sul territorio dei servizi socio-sanitari, che sono elementi qualificanti per ridurre la spesa». In sostanza «la nuova proposta di programmazione sanitaria continua a inseguire un modello che si è dimostrato inefficiente e dispendioso e che persino gli Stati Uniti stanno provando a superare». Il tutto, ovviamente, calato dall'alto essendo mancati reali processi di condivisione con utenti e operatori «che sono fondamentali per valutare i bisogni e trasformare i programmi in atti concreti».
Emergenza abitativa - Un piano edilizio e non un piano casa. Così l'assessore alla Casa, Mario Di Carlo, ha definito il Piano Casa del Lazio. Solo la pressione (e le manganellate subite fuori dalla Regione) della Rete romana per il diritto all'abitare ha fatto in modo che "qualcosa" da quella legge uscisse anche per le case popolari. Perché se i vertici regionali si sono mostrati molto interessati alla possibilità di una piano casa come quello fornito da Berlusconi, sono tutt'oggi "poco attenti" a quanto proposto "dal basso" con la legge d'iniziativa popolare sul diritto all'abitare: 100 mila case popolari in 8 anni, il recupero del patrimonio pubblico e privato inutilizzato, la difesa del territorio e dell'agro romano, la realizzazione delle case dove esistono servizi e trasporti pubblici.
Infrastrutture - Due città e due paesi per descrivere tutta la politica regionale a riguardo: Roma e Latina, Cisterna e Valmontone. Quattro località che, nei progetti, dovrebbero essere unite dal Corridoio Intermodale: un bel modo di dire "autostrada" e "bretella". Autostrada Roma-Latina al posto dell'attuale Pontina e bretella per collegare la nuova "grande opera" con l'A1. «Assolutamente contrario al progetto» si disse, in campagna elettorale, Marrazzo che, con la sua Giunta, è in attesa dei finanziamenti del Cipe per un'inutile opera che costerà complessivamente ben 2,2 miliardi di euro, dei quali 1,4 (a fronte degli 850 previsti dall'allora Giunta Storace) per la sola Roma-Latina, voltando così le spalle ai cittadini che saranno coinvolti dall'esproprio della propria terra, casa, attività, al Wwf e a Italia Nostra e non considerando i pareri contrari della Sovrintendenza, dell'ente "Parchi Roma Natura", dei consigli comunali di Pomezia e Ardea e delle 12 mila firme raccolte in calce alla petizione popolare. Il tutto senza pensare minimamente alla messa in sicurezza della statale Pontina, una strada da 14 morti l'anno.
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