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Decreti, soltanto decreti. Questo governo ne sforna a iosa ogni giorno. E il Parlamento, la cui funzione viene quotidianamente svilita e umiliata, diviene sempre più un orpello nella vita istituzionale di questo paese. Il decreto salva precari (Decreto legge n. 134 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 25 settembre scorso) è uno di questi. Esso stabilisce che le supplenze per assenza temporanea dei titolari saranno conferite, con precedenza assoluta e a prescindere dall’inserimento nelle graduatorie di istituto, al personale inserito nelle graduatorie ad esaurimento che non abbia potuto stipulare per l’anno scolastico 2009-2010 la stessa tipologia di contratto per carenza di posti disponibili. Un’altra norma del decreto prevede che l’amministrazione scolastica, in collaborazione con le regioni, “possa promuovere progetti della durata di tre mesi, prorogabili a otto, che prevedano attività di carattere straordinario, anche ai fini dell’adempimento dell’obbligo dell’istruzione, da realizzarsi prioritariamente mediante l’utilizzo dei lavoratori precari della scuola percettori dell’indennità di disoccupazione, di cui può essere corrisposta un’indennità di partecipazione a carico delle risorse messe a disposizione dalle regioni”. Il consigliere regionale Zaffini (Pdl) chiede con forza cosa sta aspettando la Regione Umbria a sottoscrivere accordi con il ministero per “salvare” i precari della scuola umbri. Forse non sa che diverse Regioni, tra cui l’Umbria, lamentano di non essere state coinvolte preventivamente nella stesura del provvedimento e chiedono che le trattative sulla scuola vadano ricondotte a un livello istituzionale di portata nazionale, evitando accordi tra singole regioni e ministero dell'Istruzione che avrebbero l'effetto di creare disparità sul territorio nazionale. Esse chiedono, quindi, che la questione venga ridiscussa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Inoltre, viene evidenziata un’ulteriore discriminazione, quella tra coloro che l’anno scorso avevano ottenuto la nomina dall’Ufficio scolastico regionale e quanti invece non ci erano rientrati. Per questi ultimi non v’è salvezza. Riassumendo: con questo decreto i tagli alla scuola non vengono messi in discussione, la stabilizzazione dei precari per la copertura dei posti vacanti non viene presa in considerazione e il decreto divide ancora una volta gli insegnanti precari, in quanto solo quelli che hanno fatto le supplenze annuali l’anno scorso, che hanno già il diritto al trattamento di disoccupazione ordinaria e che sono già iscritti nella graduatoria a esaurimento o permanente rientrano nelle previsioni del decreto. Ultima questione, ma non di minore importanza, è il fatto che per i fondi per le supplenze e per la copertura dei costi dell’attivazione dei progetti regionali non sono previsti trasferimenti statali, ma sono totalmente a carico delle regioni. Un primo passo verso la regionalizzazione dell’istruzione pubblica prefigurata nel disegno di legge Aprea. Ora, al consigliere Zaffini, alleato di Tremonti che, folgorato sulla via di Damasco, “riscopre” il valore della stabilità del posto di lavoro, si potrebbe consigliare di farsi un giro sul web e dare un’occhiata al mondo del precariato scolastico in fermento. Potrebbe imbattersi in pensieri come questo. 19 ottobre 2009 « (…) L'emergenza è seria, merita ampia e avveduta osservazione, nonché meditata e fattiva azione collettiva. Di solito ascolto la radio, oggi dopo aver a lungo seguito il dibattito parlamentare sul cosiddetto "Decreto salva-precari" ho dovuto spegnerla. Studiai un tempo le utopie-negative e la loro genesi, valga per tutti Farenheit 451 di Ray Bradbury, ne ho risentito echi inquietanti. Certo i cittadini che hanno eletto questo governo non possono immaginare da chi siano rappresentati. Molli e maldestri nelle parole, pure efficaci nell'inganno e consapevoli della propria disonestà intellettuale, i deputati della maggioranza sono spudorati nel mentire e nient'affatto preoccupati della sopraffazione morale di quanti sono e restano tra le persone più qualificate del nostro paese e che io chiamo insegnanti e non precari. Mirano con precisione alla rottura della coesione sociale, poggiando sul teorema della crisi economica e ingenerando paura. Operano quello che è forse il più grande licenziamento di massa della Repubblica, ma vogliono far credere che ciò sia risparmio ed efficienza. Ho avuto molto dalla scuola, mi ha insegnato ad essere libera e coraggiosa, che ne sarà di mio figlio, quando i suoi potenziali docenti stanno per essere o eliminati o piegati ad una logica della carriera che non potrà che produrre sudditanza intellettuale? ». Firmato. Che dire di più? Una lettura lucida e insieme drammatica della situazione in cui versa la nostra scuola e del futuro che attende i nostri figli. Un futuro che non si può accettare. Condividi