La sinistra e il sindacato devono interrogarsi sul lavoro di cura (il badantato) e sulle insufficienze del nostro welfare.
Il fallimento della regolarizzazione delle cosiddette badanti mette impietosamente a nudo un sistema unico in Europa dove alle insufficienze e alle contraddizioni del nostro sistema di welfare si risponde oramai da anni con la privatizzazione del lavoro di cura e l'assenza pressochè totale di un sistema del welfare solido ed efficiente, capace di venire incontro alle famiglie alle prese con la non autosufficienza o più semplicemente alle esigenze di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.
Sei milioni di famiglie in Italia sono oramai interessate da un fenomeno largamente generalizzato che il provvedimento del governo ha chiamato sostanzialmente ad improvvisarsi imprenditori in servizi di cura e dei veri e propri datori di lavoro. Era evidente che il provvedimento non avrebbe prodotto i risultati sperati.
Come tutti sanno il fenomeno è destinato ad aumentare perchè esso è direttamente proporzionale all'invecchiamento demografico e alle malattie invalidanti che incidentalmente crescono di pari passo così come ai mutamenti dei modelli familiari e ai cambiamenti negli stili di vita e dei costumi sociali.
Ma quello che qui ci preme di più sottolineare è che sia la sinistra sia il sindacato dovrebbero aprire delle serie riflessioni sulle conseguenze sociali che questo modello tascabile e formato famiglia di assistenza e di welfare porta con sè.
Ci sono sempre più famiglie ed anziani che si stanno progressivamente impoverendo per ricorrere al lavoro privato di cura ed in assenza o in deficit di servizi socio-sanitari adeguati. E molto spesso ci si trova di fronte a situazioni spiacevoli che rasentano l'assurdo: è esponenziale il ricorso alle vertenze di lavoro che dalle statistiche si risolvono in nulla di fatto ma mettono ulteriormente sotto pressione anziani e famiglie.
Il “badantato” è diventato espressione della riconduzione ad “affare di famiglia” della cura ed educazione delle bambine e dei bambini e dell’assistenza alle persone anziane: ambiti di riproduzione sociale cui al contrario il sistema di welfare deve riconoscere rilevanza, qualità e dimensione pubblica. Non solo, ma “il badantato” (come modalità di risposta ai bisogni di cura e di assistenza) dalla famiglia si va estendendo alle istituzioni pubbliche con la conseguenza che i servizi assumono sempre più una connotazione “custiodalistica”, perdendo la qualità pedagogica e relazionale dei servizi.
Questo sistema, d'altro canto, aggrava la tradizionale svalorizzazione sociale del lavoro di cura, relega sempre più in un mercato del lavoro "informale" soprattutto le lavoratrici immigrate ma non solo, determina una situazione paradossale di una vera e propria divisione etnica e sessuata del lavoro.
A nostro avviso una sinistra ed un sindacato veramente riformatori debbono dire con chiarezza che questo sistema va abbattuto e cancellato: in questo Paese va riaperta una volta per tutte la grande questione di un welfare moderno che predisponga dei solidi servizi socio-sanitari per la non autosufficienza, gli anziani, i disabili e l'educazione dei bambini. Si ponga mano seriamente alla questione della compartecipazione dell'utenza per sostenerne i costi ma, ripetiamo, questo sistema selvaggio del fai da te in famiglia va cancellato.
Si riapra dunque il confronto con questo governo che ha semplicemente dimenticato la programmazione degli stanziamenti del Fondo per la non autosufficienza e ha dimezzato quelli per le politiche sociali. Si costruisca una grande mobilitazione politica e civile sulla non autosufficienza e sulla rete dei servizi territoriali di assistenza domiciliare, dei centri diurni, delle residenze protette. Sarebbe questa una battaglia che riporterebbe il Paese in linea con i parametri europei e soprattutto riaprirebbe una grande stagione di riforma sociale come fu ai tempi della riforma sanitaria e della legge Basaglia.
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