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CITTA' DI CASTELLO - Alcuni animali fanno occasionalmente uso di strumenti elementari come sassolini, foglie, fuscelli o rami, ma nessun animale ha mai costruito una macchina. Le macchine hanno fatto la loro comparsa con l’uomo, animale programmato per essere opportunista come tutti gli altri, ma curioso e giocherellone come nessuno”: è questa una delle spiegazioni date al tema “Le macchine e l’uomo” scelto come motivo conduttore della seconda edizione del Festival della Filosofia della Scienza di Città di Castello. Alla prima lectio magistralis era presente il sindaco Fernanda Cecchini che ha ribadito “come la divulgazione sia uno strumento imprescindibile in un mondo dominato dalla tecnologia. Parlare delle macchine, di quale ruolo esercitano ed eserciteranno, è un modo per riflettere sul rapporto, mai indagato con serietà, che ciascuno di noi ha con l’automazione. Ma a prescindere dal tema, ciò che unisce Città di Castello al Festival non è soltanto un dovere di ospitalità: il nostro territorio è per storia e eredità artistiche un luogo di incontro tra culture e sensibilità diverse. Il Festival riscopre questa attitudine e la attualizza, coinvolgendo i giovani e insegnando loro l’importanza della tolleranza, del dialogo e dell’ascolto”. Edoardo Boncinelli, cui si deve la frase riportata in apertura, ha spiegato che “La distanza concettuale che separa una macchina da un semplice strumento è enorme. Uno strumento elementare è spesso un prolungamento di un arto o di qualche altra parte del corpo di un organismo ed è mosso comunque direttamente da quello, mentre una macchina è un costrutto composito. L’uso delle macchine ha posto il collettivo umano in una posizione attiva rispetto al mondo circostante. ‘Senza la tecnica l’uomo non esisterebbe, né sarebbe esistito mai’ dice Ortega y Gasset. La loro presenza - ha concluso Boncinelli - contrassegna in maniera inequivocabile un insediamento umano e costituisce il dato più sicuro per circoscrivere il momento del passaggio dai nostri antenati ominidi a quegli individui che noi attribuiamo al genere Homo”. “Il problema dell’uomo e le macchine è il titolo di un libro che scrisse Paolo Rossi tanto tempo” ha ricordato Salvatore Califano parlando di macchine molecolari: “In pochi anni la miniaturizzazione ha fatto passi da gigante. Basti pensare che ha ridotto dai metri ai millesimi di millimetro le dimensioni degli oggetti. Un benefattore dell’Istituto tecnologico della California previde che le misure dei transitor nei calcolatori sarebbero raddoppiate ogni anno, invece oggi ce ne sono anche 700milioni. Quando andai a studiare in America - ha aggiunto Califano – usavo un calcolatore grande come un palazzo di quattro piani. Ora esistono macchine della dimensione delle molecole e presto sarà possibile avere per l’uso quotidiano macchine grandi come un dito, marchingegni che funzionano a livello di atomi. Questa sarà la prossima rivoluzione”. Delle macchine nella letteratura e nel teatro si è occupato Roberto Tessari il quale ha raccontato come “Il rapporto uomo-macchina diviene tema privilegiato della letteratura a partire dal Settecento, quando automi ed altre invenzioni (soprattutto la mongolfiera) sembrano attribuire all’uomo poteri sino ad allora concepibili solo nella sfera del mito. Non a caso, nel primo Ottocento, le immagini dell’uomo artificiale e dell’automa meccanico, sospese tra angelicità e demonismo, dominano la narrativa di Marie Shilley, Hoffmann, Poe. Con la seconda metà del secolo, è la locomotiva ad affascinare poeti e prosatori. Con il Novecento, a partire dall’avanguardia futurista tutti i nuovi ritrovati tecnologici - dall’auto all’aereo, dalla mitragliatrice al computer - si pongono al centro di prove letterarie dove il rapporto uomo-macchina appare figurato ora in luce di fiduciosa fascinazione, ora in prospettiva di disanima critica, ora in chiave di ripulsa più o meno angosciata. Se per Poe lo scrittore va considerato un tecnico o un ingegnere di macchine verbali per l’ultimo Carmelo Bene l’attore deve sapersi trasmutare (anche grazie al rapporto con nuovi strumenti tecnologici) in macchina attoriale”. Soddisfatto per l’affluenza e l’interesse dimostrato si è detto il prof. Paolo Rossi, direttore del Festival. Il programma di oggi, 17, prevedeva la seconda lectio, 10.00 Auditorium di Sant’Antonio, con la relazione su innovazione tecnologica e evoluzione umana, tenuta da Alberto Piazza. Francesco Cavalli Sforza si è occupato di scienze e tecnologia, mentre Paolo Rossi ha indagato su Dedalo ed il labirinto. Sempre oggi, presso la Pinacoteca è possibile visitare la mostra di macchine funzionanti di Leonardo da Vinci, in compagnia di due guide d’eccezione, lo stesso autore e Luca Pacioli, protagonisti della rappresentazione “…a solecitar ingegno e solazzo…”. Il libro del Festival invece verrà presentato alle ore 18.00 nella Sala degli specchi di Palazzo Bufalini: la scelta è caduta su “Perché la tecnologia ci rende umani” di Stefano Moriggi e Gianluca Nicoletti. Condividi