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Acqua sempre più cara al sud Italia, con la sola eccezione della Calabria dove i costi sono rimasti invariati nell'ultimo anno. Lo evidenzia l'indagine dell'Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva su costi e qualità del servizio idrico in Italia. In Basilicata, nell'ultimo anno le tariffe sono aumentate del +16% contro il 5,4% della media nazionale. A fronte di una media nazionale di 253 euro, nella regione il costo annuo dell'acqua per uso domestico è di 260 euro, solo in 5 regioni risulta più caro: Toscana (330), Puglia (311), Umbria (308), Emilia (304) e Marche (290 euro). Come se non bastasse, nell'ultimo anno l'incremento tariffario registrato in Basilicata è risultato più alto rispetto a quanto registrato a livello nazionale: +16% rispetto al dato nazionale che si è attestato sul +5,4%. Notevoli gli incrementi registrati a Matera e Potenza: solo in altre 4 città gli aumenti sono stati più consistenti: Salerno (+34,3%), Benevento (+31,9%), Parma (+21,4%) e Padova (+16,3%). In Calabria nell'ultimo anno i costi dell'acqua sono rimasti invariati a fronte di un aumento medio su base nazionale del 5,4%. Una famiglia sostiene una spesa media annua di 189 euro per il servizio idrico integrato, a fronte di una spesa media nazionale pari a 253 euro. Dal 2007 al 2008, non si sono registrati in regione aumenti tariffari, mentre nello stesso periodo l'aumento medio su base nazionale si è attestato al 5,4%. Ciò permette alla Calabria di risultare tra le regioni in cui meno costa il costo annuo dell'acqua per uso domestico: in questa speciale classifica la regione è superata solo da Molise (141), Valle d'Aosta (147), Friuli (172) e Lombardia (175). Ciò detto, il servizio idrico in Calabria soffre di altre criticità, a partire dalle interruzioni del servizio e dall'elevata dispersione, pari al 49% dell'acqua che circola nelle tubature, un dato ben superiore alla dispersione media nazionale (34%). QUALITA' E DEROGHE In tema di qualità delle acque destinate al consumo domestico, poco si parla del ricorso alle deroghe, previste dal D.Lgs. 31/01 e concesse dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali: negli ultimi 7 anni, ne hanno usufruito ben 13 regioni. Se nel 2002 solo la Campania ne aveva fatto ricorso, accompagnata nel 2003 da altre 2 regioni, per complessivi 5 parametri ''fuorilegge'' (fluoro, cloruri, magnesio, sodio, solfati), attualmente sono 8 le regioni in deroga (Lazio, Lombardia, Piemonte, Trentino, Umbria, Toscana, Campania, Puglia), per un totale di 7 parametri: arsenico, boro, cloriti, fluoro, selenio, trialometani e vanadio. Tali Regioni devono provvedere affinché la popolazione sia adeguatamente informata, ma in alcuni casi non si specificano nemmeno i nomi dei singoli comuni coinvolti. In ogni caso, ad oggi, il Lazio è la Regione con il maggior numero di amministrazioni comunali interessate da deroghe, ben 84 (nel 2006 erano 37) per 5 parametri, segue la Toscana con 21 comuni (ma nel 2008 erano 69 e nel 2005 addirittura 92) e tre parametri. Cosa succederà dal 2010, si chiede Cittadinanzattiva, quando la richiesta di ulteriori deroghe per gli stessi parametri oggi ''fuorilegge'' andrà indirizzata direttamente alla Commissione Europea? Condividi