Gli analisti politico-sociali negli ultimi anni hanno sottolineato come nel nostro Paese sia emersa una “questione settentrionale”, accanto all’annosa e mai interamente risolta “questione meridionale”, tema su cui negli ultimi giorni anche il presidente della Republica è tornato, sottolineando come non ci possa essere sviluppo del Paese senza uno sviluppo del Mezzogliorno.
Ovviamente la questione settentrionale presenta tratti e caratteristiche molto differenti da quella meridionale: se ne parla dalle elezioni politiche del 2006, per evidenziare una omogeneità di espressione elettorale e di tessuto sociale di tipo nuovo nel nostro paese, di cui la Lega Nord è l’elemento emblematico, come forza politica territoriale, interclassista, con simboli e tradizioni inventate (dalla Padania ai celti), che propone un modello economico fondato sull’alleanza tra imprenditore e lavoratore subordinato in competizione sul mercato europeo, contro lo stato centralista e il sud, da una parte, e con il lavoratore migrante come anello debole della catena da sfruttare, dall’altra. Nel Nord si rafforzano l’individualismo proprietario e il tratto egoistico-competitivo del modello nord-est e con i riferimenti al territorio e alla comunità diventano i termini costituenti di una nuova identità chiusa, conflittuale e regressiva.
Al sud pure si fa strada una forma di leghismo corporativo, con il movimento per le autonomie di Lombardo e si sta sviluppando un’identità territoriale che si costruisce in antagonismo allo stato centralisticoe al Nord.
Nel contesto di una crisi economica pesante e dell’avanzamento a tappe forzate di un accentuato modello federale dello stato, con tutti i problemi che entrambi i fattori comportano sul tessuto economico e sociale dei vari territori italiani, questa capacità di rappresentazione identitaria del Nord e del Sud non può che allargare i propri consensi, politici e sociali.
Per questo “l’Italia di mezzo” deve iniziare ad attrezzarsi, già a partire dalla campagna elettorale per le prossime regionali. Quell’Italia mediana che già Bagnasco negli anni ottanta delineava come una zona omogenea per tradizioni culturali e tessuto economico produttivo, e che grazie a questa omogeneità aveva risposto con originalità e nuovo impulso alle sfide della crisi economica e della profonda trasformazione dell’apparato produttivo del capitalismo negli anni settanta, quell’Italia mediana deve fare ora uno sforzo per definire una identità comune e delle politiche riformatrici di ampio respiro.
Perché non c’è solo il tratto comune del tessuto di piccole e medie imprese dinamiche e competitive – frutto del portato storico della mezzadria, del radicamento del movimento cooperativo, di un originale spirito imprenditoriale dell’artigiano e del piccolo commerciante dell’Italia centrale – ma ci sono anche specificità che vanno oltre il campo produttivo: un modello sociale regionale efficiente, orientato alla coesione sociale, al superamento delle disuguaglianze e al raggiungimento di un alto livello nelle condizioni di vita dei cittadini; una certa omogeneità culturale e modelli e forme di convivenza orientati alla solidarietà; una sensibilità democratica fortemente sviluppata.
Tutti questi elementi ci dicono che possiamo spingere l’acceleratore nella direzione della definizione di un’identità per l’Italia mediana. Non astratta, ma strettamente connessa alle sfide e ai problemi del nostro tempo, caratterizzato dalla forbice crisi finanziaria ed economica-federalismo fiscale.
Una politica comune dell’Italia mediana è quindi necessaria per fare massa critica e resistere alla destrutturazione del modello sociale che vuole imporci il federalismo fiscale, ma anche per migliorare l’offerta dei servizi sociali, per definire un livello ottimale del sistema delle infrastrutture in grado di essere un valore aggiunto per il sistema produttivo. Le Regioni del Centro devono allora abituarsi all’idea di definire politiche comuni e sforzarsi di sviluppare una programmazione economica e sociale che vada oltre i propri ambiti territoriali per abbracciare l’intera porzione dell’Italia mediana. Noi lanciamo questa proposta per la prossima campagna elettorale di marzo: le Regioni del Centro devono mettere in campo una proposta di programmazione comune per quanto riguarda l’offerta dei servizi sociali e la sanità, mettendo in rete le strutture sanitarie, riuscendo a integrare conoscenze, ricerche e professionalità, in modo da fare sistema contro la politica dei tagli attuata dal governo Berlusconi; così come per quanto riguarda la partita delle infrastrutture – sia il sistema aereo, che quello ferroviario e stradale, che le infrastrutture immateriali – è necessario definire una politica comune che porti al completamento delle opere urgenti per realizzare un vero sistema integrato, interconnesso, capace di collegare le areee produttive, le persone, le città, le opportunità e di abbattere i costi di trasporto delle persone e delle merci.
L’Italia mediana è una straordinaria opportunità per garantire lo sviluppo e la tenuta sociale dell’Umbria, dei nostri territori e delle nostre città.
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