In previsione della riunione del Tavolo generale del Patto per lo sviluppo e l’innovazione, convocata per venerdì dal Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti, al fine di verificare e rilanciare la strategia anticrisi adottata dalla Giunta, il Servizio della programmazione strategica della Regione ha reso noti i dati sulla cassa integrazione in Umbria, elaborati su fonte INPS. I dati sono riferiti a tre aspetti: confronto cassa integrazione agosto/luglio 2009, confronto cassa integrazione periodo gennaio/agosto 2009 - gennaio/agosto 2008, domande di cassa integrazione (CIG) in deroga. La mole, molto ampia e articolata, dei dati suggerisce, a giudizio del servizio regionale, le seguenti considerazioni di sintesi. La tendenza alla diminuzione delle richieste di cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria, (tendenza messa in risalto dal confronto luglio/agosto 2009), è, in Umbria, meno accentuata della media nazionale e del resto del centro Italia. Il ricorso alla CIG in Umbria era stato, però, notevolmente minore (nel caso della cassa speciale, CIGS, con una differenza clamorosa) che in Italia e nelle regioni contermini. Il dato di diminuzione inferiore dell’Umbria è influenzato dal fatto che, in generale, in provincia di Perugia la CIG diminuisce mentre in quella di Terni aumenta o si manifesta per la prima volta. Dopo le categorie operaie, la cassa integrazione, colpisce ora quelle impiegatizie. I dati sulla CIGS, rivelerebbero, per la crisi umbra, un carattere più “strutturale”, rispetto alla congiuntura il cui andamento è affidato alla lettura della cassa integrazione ordinaria (CIO). I lavoratori interessati alla cassa integrazione dall’inizio del 2009 sarebbero 4.550, 1850 in CIGS e 2600 in CIO. A queste stime si arriva “trasformando” le ore di CIG in unità di lavoro equivalenti. Si tratta di una stima sottodimensionata poiché dovrebbe trattarsi di unità a tempo pieno e utilizzatori per tutti gli otto mesi da gennaio ad agosto, anche se si deve aggiungere che, in molti casi, le imprese non utilizzano tutto il monte ore che viene autorizzato. I settori che, a giudizio del servizio regionale vanno tenuti “sotto controllo” sono l’edilizia, che non segue il positivo trend di ripresa delle regioni vicine, il tessile e l’abbigliamento, che rivelano “piccoli segnali negativi meritevoli di attenzione” e la metallurgia la cui crisi potrebbe assumere carattere strutturale. Condividi