La prima è stata la Calabria alla quale si sono mano a mano aggiunte, procedendo dall'alto verso il basso lungo la penisola, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Puglia e Basilicata, tutte convinte che il governo nazionale non possa decidere contro il loro parere di costruire una centrale nucleare su un territorio sulla cui tutela ambientale debbono sorvegliare come stabilisce la Costituzione. Parliamo delle regioni italiane che hanno già presentato ricorso alla Corte Costituzionale per vedersi confermare una prerogativa che è stata messa in discussione dalla legge di recente votata dalla maggioranza di centro destra che sancisce il ritorno delle centrali atomiche nel nostro Paese.
A queste se ne dovrebbero aggiungere presto altre 3, portanto così a 13 il totale, ma non finisce qui, perché a queste regioni, tutte governate dal centro sinistra, se ne sono accodate altre due governate dal centro destra, a dimostrazione che è possibile fare breccia anche là dove governano gli amici di Berlusconi. La Sardegna, in primo luogo, il cui governatore, Ugo Cappellacci, aveva del resto condotto la sua campagna elettorale assicurando che con lui in nucleare sull'isola non sarebbe mai passato. Segno tangibile di questo impegno è l'ordine del giorno presentato da tutti i capogruppi, sia quelli di maggioranza che quelli di opposizione, che il Consiglio sardo ha votato quasi all'unanimità (53 voti a favore e 1 astenuto), per impegnare la Giunta
"ad adottare tutti gli atti necessari ad impedire in Sardegna la costruzione di centrali nucleari e la localizzazione di depositi per le scorie provenienti da reattori a fissione".
Per ultimo il Molise, piccola Regione che ha ugualmente pronunciato un chiaro no alle centrali atomiche, non esistendo sul suo territorio
"nessuna delle condizioni necessarie ad un impianto di questo tipo".
Ma non è poi che nelle restanti regioni le cose siano "rose e fiori" per il governo. La Campania (centro sinistra) e la Sicilia (centro destra) paiono ugualmente intenzionate a ricorrere assai presto alla Corte Costituzionale e persino nel Veneto il governatore Giancarlo Galan, strenuo paladino del nucleare, sta incontrando serie difficoltà, visto che una mozione antinucleare, presentata dal centro sinistra, è stato approvato dal Consiglio regionale con 19 voti a favore e 18 contrari poiché i 5 rappresentanti della Lega si sono astenuti. Lo stesso Galan si è visto quindi costretto ad una precipitosa marcia indietro affermando a sua volta che nel territorio non esistono siti adatti per una centrale nucleare, anche se poi ha tentato una sorta di ritorsione politica nei confronti della Lega domandando:
"Senza il nucleare da dove prenderà l'energia la Padania libera?".
Mancano dunque all'appello 5 regioni, ma per tre di queste i giochi sono presto fatti: il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta per le loro caratteristiche montuose non hanno i requisiti per una candidatura, tanto meno l'Abruzzo, ugualmente montuoso e per di più squassato da fenomeni sismici particolarmente intensi che sconsigliano di prenderlo in considerazione.
Rimangono, perciò, la Lombardia e il Friuli Venezia Giulia che non si sono pronunciate, ma che per consentire al governo di portare a compimento il suo piano di 4 centrali atomiche di nuova costruzione dovrebbero accollarsene un paio a testa, e francamente ci pare difficile che questo possa accadere, tanto più che la scelta del nucleare sta traballando anche sul piano economico stando agli ultimi dati comunicati dal dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti per i nuovi impianti da mettere in linea entro il 2020. un chilowattore di nucleare verrebbe infatti a costare 10,2 centesimi di dollaro, contro i 9,9 dell'eolico, il 9,8 del carbone e gli 8,2 del gas, senza considerare poi gli alti costi e le ancora maggiori difficolta per lo smaltimento delle scorie prodotte.
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