Responsabile provinciale nuovi diritti / Federazione prc di Perugia
Venerdì 9 Ottobre presso la Sala della Partecipazione della Regione a partire dalle ore 10 si terrà l’audizione pubblica in cui le cittadine e i cittadini, le associazioni e gruppi informali, potranno discutere con la commissione regionale preposta in merito al disegno di legge sul reddito sociale proposto da Rifondazione comunista. Con la proposta di legge viene avanzata la necessità di istituire una misura di reddito sociale, inteso come strumento per assicurare a tutti coloro che sono in cerca di lavoro o hanno perso il lavoro, un reddito minimo garantito da erogarsi in forma diretta (monetaria) ma anche in diretta (beni e servizi). Una delle caratteristiche dell'intervento proposto è quella di intervenire non solo sulle emergenze sociali e sulla povertà, ma di incidere affinché non si giunga alla gestione dell'emergenza e del disagio nel momento più difficile per una persona: un intervento che si caratterizzi non come misura di ultima istanza, ma che intervenga fin dall'avvio, quando il rischio si paventa.
L'introduzione di un provvedimento legislativo che definisca il diritto al reddito assume una rilevanza centrale in tema di democrazia redistributiva, e si configura come uno strumento di protezione contro il ricatto dell’esclusione, come un freno alla corsa al ribasso del costo del lavoro. L’esclusione è una violenza che si manifesta come ricatto per cui se non si accettano condizioni sempre più precarie, si varca la soglia oltre la quale si è espulsi/e, il reddito sociale garantito permetterebbe non solo di non varcare mai la border line ma consente anche di mettere in dubbio la “convenienza” ad accettare le proposte di lavoro al ribasso. Le condizioni del lavoro precario restringono drammaticamente la possibilità di organizzare i tempi personali, di progettazione, le scelte affettive, i tempi dell’autodeterminazione e in questo scenario per dirla con le parole di Cristina Morini il reddito “è un importante strumento di potenziamento dei processi di soggettivazione e autodeterminazione, nonché di ridistribuzione della ricchezza collettivamente prodotta.”
Il precariato è la parte maggioritaria della forza lavoro, e sono centinaia e centinaia le lavoratrice e i lavoratori precari/e che in Umbria hanno perso o perderanno il posto di lavoro senza alcuna tutela o sistema di garanzie che sono rimaste centrate sul vecchio modello di lavoro a tempo indeterminato.
La legge sul reddito minimo garantito è recentemente stata approvata dalla Regione Lazio ed ha un carattere sperimentale, sono certa che le proposte di reddito sociale a carattere regionale siano parziali rispetto al reddito di cittadinanza incondizionato, che può essere proposto solo nel contesto dello scenario nazionale ed europeo ( ricordiamo che L’Italia assieme alla Grecia è l’unico paese dell’Unione Europea privo di forme generalizzate di sostegno al reddito) ma nel contesto di una crisi economica, sociale e culturale sempre più violenta è necessario radicarsi nel qui e nell’ora , nella quotidianità delle sofferenze e delle contraddizioni di chi ogni giorno paga la crisi sulla propria pelle.
La paura dell’esclusione, di non farcela determinano asservimento, clientela, sottomissione, rabbia impotente e forme di dipendenza sociale ( dalla famiglia, da soluzioni assistenzialiste, da relazioni violente). A questo proposto ricordiamo che è proprio la dipendenza economica una delle cause principali che costringe le donne, che sono le più precarie e sottopagate in Umbria come altrove, a permanere in condizioni di indicibile violenza.
Il reddito, se agito come strumento di libertà e conflitto, può essere anche un mezzo per ricostruire un legame comune tra le tante forme del lavoro disperso e atomizzato dalla precarietà esistenziale, per aggregare le precarie e i precari attorno ad un asse di rivendicazione comune.
Credo sia determinate per tutti questi motivi creare occasioni di confronto, proposta, azione tra tutti quei soggetti sociali che da anni si occupano della questione, tra donne e uomini che non hanno intenzione di pagare una crisi di cui non sono responsabili. Ritessere e costruire relazioni, contesti in cui sia possibile proposte di azioni e modalità di decisione condivise a partire da pratiche differenti sulla questione della necessità del reddito sociale, e sul nesso tra reddito, autodeterminazione come condizione materiale d’esistenza, riappropriazione del proprio tempo, degli spazi pubblici delle nostre città e ricostruzione di nuovi spazi di socialità. E’ evidente che se la discussione sul reddito sociale resterà chiusa tra le stanze del Consiglio Regionale difficilmente potrà portare a soluzioni concretamente praticabili.
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