di Eugenio Pierucci La grande avanzata della Linke nelle elezioni di ieri in Germania non si deve esclusivamente, come vorrebbero far intendere alcuni maliziosi osservatori politici, ad una sorta di nostalgia per la DDR che pervaderebbe una parte numerosa dell'elettorato dell'Est a 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino, fatto che comunque riabiliterebbe grandemente un'esperienza tanto vituperata. Infatti, con il passare delle ore si va delineando meglio una crescita elettorale della sinistra che interessa ormai fortemente l'intero territorio nazionale, dal Brandeburgo allo Schleswig-Holstein, fino alla Saar e, addirittura, alla Baviera, dove la Linke ha messo a segno un'affermazione in termini davvero impensabili in un land tradizionalmente conservatore, superando il 6% dei consensi. Questo per dire con Gregor Gysi, anima e corpo della componente comunista della federazione di sinistra, forte anche di altre provenienze fra le quali gli ex socialdemocratici che hanno seguito Oskar Lafontaine, che lo storico risultato colto con lo sfondamento del muro del 10% (obiettivo, questo, centrato anche dai Verdi) fanno di questa formazione "una compagine con la quale da oggi, in Germania, tutti dovranno fare i conti. La Linke fa parte dell'arco costituzionale a tutti gli effetti. Nessuno può metterla più in discussione". Un richiamo esplicito alla discriminazione subita dopo le elezioni precedenti, quando dalle urne era uscita a sorpresa una maggioranza di centrosinistra al Bundestag: 327 seggi (Spd 222, Linke 54, Verdi 51) sui 614 totali, che avrebbero consentito di escludere i democristiani dal governo, magari dando vita ad un esecutivo di soli socialdemocratici, sulla base di un programma sostenuto esternamente dalla sinistra. Una strada, questa, che venne però subitamente e illogicamente scartata dai vertici della Spd che preferirono l'abbraccio con i democristiani nella grande coalizione, spinti a ciò da una sorta di rivalsa suicida nei confronti di quanti avevano abbandonato il loro partito non sopportando i ripetuti cedimenti nei confronti del liberismo imposti dalla componente maggioritaria che lo governava. Il risultato di quella scelta miope è che oggi, a cinque anni di distanza, dopo aver condiviso con i democristiano tedeschi una esperienza di governo che ha riversato sui lavoratori tedeschi il peso dei sacrifici imposti per combattere la crisi economica, la Spd ha lasciato per strada ben 74 seggi e l'11% dei consensi, tanto che oggi la maggioranza al Bundestag è composta dalla Cdu e dai Liberali del Fdp che insieme di seggi ne hanno 323, ovvero 4 in meno rispetto ai 327 di Spd, Linke e Verdi della volta precedente. Se volessimo fare ricorso a un popolare detto italiano per spiegare l'illuminante strategia seguita dai socialdemocratici, potremmo ben dire che i socialdemocratici tedeschi hanno fatto un po' come quel marito che per far dispetto alla moglie si è tagliato gli attributi. Il danno è comunque stato fatto e per il momento è impossibile porvi rimedio. Ora toccherà loro sopportare come minimo il purgatorio di cinque anni di opposizione, con la speranza che riescano almeno a trarre le debite conseguenze dall'errore commesso, riposizionandosi su posizioni di sinistra e stabilendo rapporti di collaborazione più corretti con le altre formazioni della opposizione. Questo è quanto si richiede loro per difendere al meglio il mondo del lavoro tedesco dai nuovi attacchi neo liberisti che la maggioranza Cdu-Fdp non mancherà certamente di portare. Condividi