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PALERMO - "Vittorio Mangano fu assunto nella tenuta di Arcore di Silvio Berlusconi per coltivare interessi diversi da quelli per i quali fu ufficialmente chiamato da Palermo fino in Brianza". Così il procuratore generale Antonino Gatto entra subito nel vivo della requisitoria del processo al senatore Marcello dell'Utri (Pdl) per concorso esterno in associazione mafiosa. Il parlamentare è stato condannato in primo grado a nove anni di carcere. Stamani davanti alla seconda sezione della Corte di appello di Palermo, Gatto ha affrontato subito il tema dello "stalliere di Arcore". "Ma davvero - si è chiesto il Pg - non fu possibile trovare in Brianza persone capaci di sovrintendere alla tenuta di Arcore? Davvero dall'estremo nord ci si dovette spostare a Palermo per trovare una persona che non conosceva la zona e le coltivazioni brianzole? In realtà - ha proseguito Gatto - non solo Mangano di cavalli e di coltivazioni non sapeva nulla: ma se guardiamo i suoi numerosissimi precedenti penali, gli interessi che coltivava erano di tutt'altra natura rispetto a quelli agricoli". Dell'Utri non è presente in aula. Ad ascoltare l'atto d'accusa del pg ci sono i difensori dell'imputato, gli avvocati Nino Mormino, Giuseppe Di Peri e Pietro Federico. Per il sostituto procuratore generale, Nino Gatto, Vittorio Mangano era ad Arcore per "proteggere" Berlusconi. "Mangano era il simbolo vivente - ha detto il pg - della tutela da parte di Cosa nostra a Silvio Berlusconi". Il sostituto procuratore generale ha puntato la prima parte della requisitoria sui rapporti tra Gaetano Cinà e Marcello Dell'Utri, confermati, secondo il pg, dalle testimonianze di diversi collaboratori di giustizia e dalle intercettazioni telefoniche. I rapporti tra Dell'Utri e Cinà risalgono ai tempi della Bacigalupo, la squadra di calcio di Dell'Utri, in cui giocava il figlio del mafioso. "Attraverso Cinà - ha spiegato Gatto - Dell'Utri conobbe Mangano e lo presentò a Berlusconi". Il pg ha collocato nella primavera del 1975 l'incontro a Milano tra Stefano Bontade, reggente della famiglia di Santa Maria di Gesù, gli uomini d'onore Mimmo Teresi e Nino Grado, Dell'Utri e Berlusconi. Dell'incontro ha parlato il pentito Francesco Di Carlo, la cui attendibilità è stata più volte ribadita da Gatto. Di un altro incontro, quello avvenuto nel ristorante "Le colline pistoiesi", ha parlato invece un altro collaboratore: Antonino Calderone. "In quell'occasione Calderone era con Grado - ha ricordato Gatto - Poi entrarono Mangano e Dell'Utri, che Grado saluto ossequiosamente. Poi cenarono assieme e Mangano parlò di Dell'Utri come il suo capo". Il pg ha anche ricordato il matrimonio del boss Jimmy Fauci, a cui Dell'Utri avrebbe partecipato sedendo al tavolo con Di Carlo e Teresi". "Per tutti questi episodi - ha spiegato Gatto - le giustificazioni date da Dell'Utri ai giudici sono assurde, come ha già ribadito la sentenza del tribunale". Inoltre, per Gatto, "il comportamento di Dell'Utri è conforme a quello mafioso. Dentro le aule, infatti, smentisce la sua vicinanza alle cosche e la sua estraneità ai fatti, fuori, come è riportato in diverse interviste, difende Mangano". Gatto ha concluso la prima parte dell'atto d'accusa, che continuerà il 9 ottobre, parlando del "pizzo delle antenne". "Il versamento di somme della Fininvest a Cosa Nostra nel 1986 per la 'messa a posto' per i ripetitori nel palermitano sarebbe avvenuto, come già ribadito in primo grado, grazie all'intermediazioni di Dell'Utri - ha concluso Gatto - Intervenuto anche nel caso dell'attentato in una delle proprietà di Berlusconi nell'86". Condividi