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Sono ancora fresche di stampa le notizie diffuse dall'Istat che certificano un mercato del lavoro ormai in caduta libera, con l'occupazione in calo nel 2009 di poco meno di 400.000 unità, i disoccupati che, con tasso del 7,4%, si avvicinano sempre più pericolosamente alla soglia dei due milioni, che l'ineffabile ministra Tremonti chiama a raccolta 63 organizzazioni, tra sindacati e sigle imprenditoriali, per illustrare la manovra finanziaria 2010: un testo di tre articoli, dove praticamente non c'è scritto nulla. Nel provvedimento non vi è traccia alcuna delle tante mirabolanti promesse dei giorni passati, dal grande piano per il Mezzogiorno, alla detassazione della partecipazioni agli utili aziendali o alla contrattazione di secondo livello. Ma non ci sono neanche le risorse per aumentare il grado di copertura della social-card, che dovevano essere reperiti, secondo Robin-Tremonti, attraverso la tassazione dei petrolieri, ma che, a quanto pare, hanno preso altre strade. I rappresentanti delle Regioni hanno disertato l'incontro per protesta: nessuna assicurazione sui finanziamenti per la Sanità e fumo assoluto per quanto riguarda le risorse del FAS (il Fondo per gli investimenti nelle aree meno sviluppate) abbondantemente saccheggiato nei mesi scorsi. Il tutto all'interno di un quadro di pesante peggioramento dei conti pubblici, con una spesa pubblica che continua a crescere ed un fabbisogno che nei premi otto mesi dell'anno è peggiorato di 33 miliardi di euro, nonostante i 12 miliardi risparmiati grazie alla riduzione dei tassi di interesse sul debito. La giustificazione di questo vuoto pneumatico, a detta del Ministro Tremonti, è che tutto è già stato scritto nel piano triennale approvato nel 2008 (ma elaborato nel 2007). Peccato che quel Piano è stato scritto prima della crisi, non una delle previsioni in esso contenute ha retto alla prova dei fatti. Se quindi il Governo continua con questa sorta di sciamanica negazione della crisi, per cui ormai tutto torna ad andare per il meglio e se servono risorse aggiuntive verranno dal condono tombale sui capitali illegalmente e fraudolentemente portati all'estero, da giovedì in Commissione a Palazzo Cesaroni inizia la discussione su di un disegno di legge presentato da Rifondazione Comunista per la istituzione del reddito sociale, una misura concreta per fronteggiare la crisi. La sostanza del provvedimento è abbastanza semplice e prevede l'erogazione di un assegno pari a 7.000 euro l'anno o l'equivalente in servizi o riduzione di tributi e tariffe, a tutti coloro che hanno perso un lavoro. Molto probabilmente la drammaticità della situazione del mercato del lavoro, che anche in Umbria si fa pesantemente sentire (tra il II trimestre 2008 ed il II trimestre 2009 i disoccupati sono passati da 21.000 a 27.000 unità, con un tasso di disoccupazione salito dal 5,4% al 7,0%), renderà necessarie alcune modifiche ed integrazioni, non solo sul piano della dotazione finanziaria, da incrementare trovando nelle pieghe del bilancio regionale risorse aggiuntive, ma sul piano della platea dei possibili beneficiari, si pensi, ad esempio a tutto quel mondo di lavoratori autonomi, piccoli artigiani, fortemente colpiti dalla crisi. L'istituzione del reddito sociale, se approvato in tempi brevi, rappresenterebbe un primo passo, un primo tassello di una più generale politica per l'occupazione, di cui la Regione, prima che la tornata elettorale ne blocchi l'operatività, dovrebbe dotarsi, utilizzando in sinergia e potenziando gli strumenti già esistenti, a partire dal Fondo regionale per l'occupazione. Condividi