L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare. La legge regionale numero 23 del 2007, ossia quella che istituisce gli Ambiti Territoriali Integrati, è incostituzionale. A sostenerlo è il Comune di Spoleto che ha presentato 15 pagine di ricorso presso il Tar dell’Umbria contro la Regione, l’Ati numero 3 (di cui fa parte il Comune di Spoleto), il Comune di Cascia e il sindaco di Foligno. Per chi non lo sapesse, l’Ati è un consorzio tra comuni (obbligatorio) istituito dalla Regione e che ha il compito di programmare e gestire materie come sanità, politiche sociali, gestione dei rifiuti e turismo. Il tutto allo scopo di gestire tali materie in modo unitario in un territorio coincidente, più o meno, con quello delle Asl.
Gli aspetti della legge su cui punta il mirino l’avvocato Massimo Marcucci (delegato dall’allora sindaco di Spoleto Brunini a rappresentare il Comune) sono molteplici. Il più importante riguarda la potestà di istituire consorzi obbligatori. Questa, dice l’avvocato Marcucci, è esclusivamente in capo allo Stato. In sostanza, ci vuole una legge dello Stato per istituire un consorzio obbligatorio. Obbligatorietà che trova la sua ragion d’essere in situazioni in cui “è in gioco un ‘rilevante interesse pubblico’, ovvero in presenza di grave rischio per l’economia nazionale o locale oppure per gli effetti derivanti da situazioni calamitose”. Perciò, continua l’avvocato, la legge 23/2007 è in “palese” contrasto con il Titolo V della Costituzione in quanto il consorzio poteva essere istituito solo con legge statale, spettando poi alla legislazione regionale “soltanto un ruolo di specificazione ed attuazione (ai sensi dell’articolo 117 ultimo comma)”. La Regione, semmai, poteva prevedere al massimo consorzi facoltativi.
Il secondo aspetto riguarda le competenze in determinate materie. In sostanza, a parte acqua e rifiuti, ossia materie per le quali esiste una legge dello Stato che permette la creazione di consorzi obbligatori, l’avvocato Marcucci sostiene che sono state attribuite a questi “enti sovracomunali” funzioni di “indirizzo e gestione” che prima appartenevano ai singoli comuni. Il problema è che questi consorzi obbligatori non sono nell’elenco dell’articolo 118 della Costituzione. Cioè quello che indica Regioni, Comuni, Province e Città Metropolitane come gli enti preposti a svolgere le funzioni amministrative. Per esempio, l’erogazione dei servizi di assistenza e beneficenza, in capo ai Comuni, con la legge regionale 23/2007 viene assegnata all’Ati. Di qui, la violazione anche del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 contestata dall’avvocato.
Oltre a tutto questo, il Comune di Spoleto contesta anche alcune mancanze procedurali, come l’invio, ritardato, della convocazione dell’Assemblea. Una irregolarità formale non verificata dall’Ati e che comporta quindi la nullità delle delibere adottate nella riunione del 16 aprile scorso. In più, sostiene l’avvocato Marcucci, gli atti ed i documenti che sarebbero stati discussi dall’assemblea non sono mai stati inviati al Comune. Anche qui, come sopra, la conseguenza è la nullità di tutte le decisioni adottate. Per ultimo, il bilancio di previsione dell’Ati non è stato approvato dal 75 per cento dei comuni che rappresentano il 75 per cento della popolazione dell’Ati. Per raggiungere quella cifra, si annota puntigliosamente nel ricorso, mancavano 608 abitanti.
Per tutti questi motivi dunque, il Comune di Spoleto chiede l'annullamento della Delibera n. 274 del 2008 del Consiglio regionale che istituisce gli Ati, del Decreto del presidente della giunta n.7 del 15 gennaio 2009, dell'invito di convocazione alla partecipazione dell'assemblea dell'Ati n.3 e di tutte le delibere adottate nella riunione del 16 aprile scorso. Un ricorso che se venisse accolto, stravolgerebbe l'intero impianto degli Ati pensato dalla Regione.
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