Luca Baldelli Responsabile regionale Dipartimento ambiente, beni comuni, caccia e pesca Prc Consigliere provinciale L’argomento caccia è da sempre un argomento “ caldo “, che coinvolge, anima discussioni, tocca molteplici interessi, tanto più nella nostra regione, dove, stando a dati Istat risalenti al 2006, erano attivi 40.632 cacciatori ( 51 ogni 1000 abitanti , contro i 14.16 ogni 1000 della media nazionale ). Il governo della materia venatoria è dunque cosa ardua, ma è diventato assolutamente ineludibile, per le pubbliche istituzioni, formulare una proposta generale che si situi, certamente, nell’ambito della Legge 157/92, senza chiacchiere inutili, velleitarismi e voli pindarici. E’ chiaro infatti che, a fronte di fiumi di parole sull’esigenza di modificare la suddetta Legge, ben miseri sono stati e sono i risultati: si pensi al capolavoro di inanità politica del centrodestra, che prima ha sparato contro la 157, invocando misure “ nuove “ e “ rivoluzionarie “ e poi, con le pive nel sacco, è tornata tra i propri elettori e tra i cittadini tutti col patetico risultato di una proposta di Legge, quella recante il nome di Orsi, che attualmente sta ferma in Parlamento, bloccata dai veti incrociati, in primo luogo della PDL (e non voglio entrare qui nel merito di questa proposta di Legge). Il necessario richiamo alla 157/92, però, non esclude, per quanto riguarda la nostra Regione e le sue peculiarità, proposte originali, coraggiose, calibrate sulle specifiche carratteristiche del nostro territorio. Proposte, non sia rituale affermarlo, che debbono essere discusse, partecipate e condivise col mondo venatorio nelle sue molteplici articolazioni ( Associazioni, ATC, Istituzioni ), perché è solo nella partecipazione e nel rispetto delle prerogative di ciascun soggetto del mondo venatorio che si può costruire qualcosa di stabile e di durevole. Ecco un panorama rapido delle possibili proposte e richieste, che una forza politica seria e responsabile ha il dovere di avanzare, specie in una Regione all’avanguardia nell’affrontare le tematiche venatorie : 1) gestione della caccia che soddisfi le esigenze tanto dei cinghialisti quanto dei praticanti le altre tipologie di caccia, con un approccio equilibrato fondato sulla equa ripartizione del territorio disponibile e sulla sua corretta gestione ( che con la ripartizione in settori ha fatto, per quanto riguarda i cinghialisti, passi da gigante ). Questa questione sottende pure il problema delle zone non vocate ( o zone bianche ), verso le quali un corretto approccio può essere questo : partendo da un esame attento e scrupoloso delle cartografie e della natura del territorio ( troppe volte si ragiona a tavolino su queste questioni ), si può pensare ad un allargamento dei settori a beneficio dei cinghialisti in zone bianche contraddistinte dalla presenza di boschi ( habitat naturale del cinghiale ), bilanciando questo con la cessione, da parte delle squadre dei cinghialisti, di superfici arative, poco utili ai fini della caccia al cinghiale, a beneficio dei praticanti le altre forme di caccia. Il tutto va naturalmente gestito da ATC e Provincia in forma concertata e partecipata, senza imposizioni o provvedimenti d’ufficio. Mentre è giusto dare la possibilità, alle squadre cinghialiste che non raggiungono il numero minimo per poter effettuare le battute, di compiere battute congiunte con altre squadre, in determinati contesti e con precisi limiti, non va neppure vanificato lo sforzo, portato avanti in questi anni dalle pubbliche istituzioni, dagli ATC e dal mondo venatorio nel suo complesso, per ridurre il numero delle squadre accorpandole. Se infatti non si procedesse lungo questa strada, si creerebbero problemi di gestione del territorio insormontabili, con proliferazione delle squadre e conseguente riduzione del territorio cacciabile per tutti ( ripartire il poco tra molti non è mai una buona politica ). 2) Disciplina del risarcimento dei danni che rispetti in pieno, senza deroghe, da un lato i capisaldi di celerità e certezza finanziaria delle risorse disponibili ed erogabili, che ci si è dati coi nuovi provvedimenti della Regione Umbria, dall’altra i criteri di rigore e assoluta trasparenza nelle pratiche di accertamento dei danni stessi, ricucendo un rapporto con il mondo dell’agricoltura che non può non essere fondato sulla comune, pianificata ed intelligente gestione del territorio, principio che reca vantaggio a tutti e rappresenta un volano per la crescita del territorio stesso. Le istituzioni debbono mettere in atto tutti gli strumenti utili a prevenire i danni stessi ( non solo con un forte piano di abbattimenti, ma anche con tutti gli accorgimenti che la scienza dell’agricoltura mette a disposizione ), evitando al contempo aggravi ulteriori sulle spalle dei cacciatori, i quali pagano già tanto e non possono, poi, sobbarcarsi anche il peso del risarcimento di danni di specie non cacciabili. 1.200.000 – 1.300.000 euro impiegati per il risarcimento dei danni in Umbria, rappresentano uno spreco intollerabile, dal momento che queste risorse ( soldi dei cacciatori ) potrebbero essere razionalmente impiegate per la tutela ambientale, per piani efficaci di ripopolamento ecc… 3) Pressione sulle istituzioni europee per poter inserire il Fringuello ed il Passero tra le specie cacciabili, senza incorrere in procedure di infrazione, con tutti gli opportuni limiti al carniere, tenendo conto dei danni apportati ma, ragionevolmente, anche dei benefici che, specie per quanto riguarda il Fringuello, queste specie apportano all’ambiente con la riduzione di insetti e semi di piante nocive. 4) Istituzione di centri di alto profilo per la produzione di selvaggina di qualità, sotto l’egida pubblica, per permetterne l’irradiamento su tutto il territorio, soddisfacendo una vecchia richiesta del mondo venatorio. Parallelamente a questo, e ferma restando l’opzione prioritaria per la gestione pubblica di questo importante segmento, occorre pensare ad un Albo degli allevatori privati, che garantisca adeguati livelli qualitativi. 5) Creazione di un circuito di mattatoi destinati alla macellazione dei cinghiali : la Regione Umbria ha cominciato in questo senso a dare una significativa spinta in avanti, come dimostra il caso di Orvieto, ma questo indirizzo va allargato a tutto il territorio regionale, in quanto genera, in potenza, una filiera economica foriera di produzione di ricchezza, di occupazione, di valorizzazione del territorio e anche di introiti supplementari per gli Enti deputati al Governo della caccia. Condividi