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di Isabella Rossi Seduti sul palcoscenico gli spettatori assistono allo spettacolo di cui essi stessi sono protagonisti. Da subito in “Eremos” - fino a sabato 12 al Teatro Cucinelli di Solomeo, dopo la prima assoluta del 4 settembre - la specularità è legge. Si impone con forza nel dialogo tra realtà e illusione, in cui “tutto scorre”, rendendo impossibile la definizione di una prospettiva unica. In scena l’attore e il suo regista (Paolo Musio e Theodoros Terzopoulos). A parlare “il pensiero dell’essere” di Carlo Michelstaedter, il giovane filosofo goriziano morto suicida nel 1910. Assaggi di un’ontologia in cui lo spettatore sprofonda senza rete nell’intimità della sala, sfiorando inconsapevole vette e abissi il cui fascino è raramente reso accessibile dal solo intuito. Un teatro per pochi, quello che non si pone la questione della sua fruibilità. Quasi una provocazione, in tempi in cui la “malvagità del banale” domina quasi incontrastata nei mass media. L’effetto è catartico. Catene di pensieri che si risolvono in "un dolore primordiale". In suoni e bava. Una continua tensione muove gli equilibri tra la “Persuasione e la Rettorica”, tra l’occultameno del nulla e la dimensione che nel nulla trova il presupposto essenziale della volontà . “Il fine non è altro che la volontà di veder tutto secondo la propria misura e di perpetuarsi nel futuro. Ma egli manca nel presente, non possiede sé stesso, e non può quindi aversi nel futuro, preoccupato com'è a dar valore e coscienza alle cose intorno a lui”. Le dodici sedie - dell’istallazione di Jannis Kounnelis - chiuse in un cerchio ospitano ciascuna un sacco di carbone. E’ la morte l’unico elemento capace di rompere la ciclicità ed entrare in contatto con il “presente”, dimensione temporale assente nella “persuasione”, naturalmente tesa alla conquista del futuro. In Eremos si compie un viaggio nell’io, quasi un’esplorazione organica in un luogo dove l’essere e il non essere non si incontrano pur convivendo. Affiorano a tratti alla coscienza, si alternano in strazianti sequenze commentate dai vocalismi emessi dal coro -Tacite Voci Ensemble-, a cui fanno eco i frammenti di Eraclito ed Eschilo. Condividi