di
Anna Maria Bruni
Si allunga la lista delle aziende che approfittano della crisi per speculare sul lavoro. Agli onori della cronaca oggi salgono l’Eni di Livorno e la Fincantieri di Palermo, altre due aziende, grandi aziende, che non incontrano affatto restrizioni di mercato, al contrario. Eppure lavorano alacremente per cedere gli impianti o chiudere, come già la Lasme di Melfi (nella foto, ancora nell’occhio del ciclone, la Manuli di Ascoli Piceno, nel frattempo sorvegliata da unità cinofile e vigilantes, la Sirti, la Sielte, la Ceit, la Mazzoni, la Site, tutte ditte di installazioni telefoniche della Telecom pronta ad appaltare al massimo ribasso, o la Cnh di Imola, per la quale nel frattempo per fortuna è arrivato il contrordine.
Ma cominciamo da capo. L’Eni di Livorno, raffineria già Agip a compartecipazione statale, sta per essere venduta a Gary Klesh, un finanziere americano amico di Madoff, l’Oudini della finanza che ha fatto crollare Wall Street mandando sul lastrico un numero indefinibile di famiglie e che non contento, dopo aver comprato un’industria d’alluminio in Olanda ha licenziato tutti. Ora sbarca a Livorno, e si piazza in pole position per l’affare. Senza garanzie. L’importante dunque deve essere l’affare, per entrambe le parti. Il regista livornese Paolo Virzì, che ha cominciato la sua carriera utilizzando lo stabilimento come location di “Ovosodo”, intervistato da l’Unità si domanda se c’è chi pensa di far “pagare politicamente” un terra dove il centrodestra non ha mai trovato consensi. E suggerisce l’idea che la “magistratura potrebbe interessarsi” a Klesh, dal momento che al personaggio sono legati i famosi “derivati finanziari che hanno portato al crac”. I picchetti ai cancelli sono affollatissimi, almeno fino a ieri sera quando è arrivata la notizia dell’apertura di un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico per il 17 settembre.
Un altro incontro con Scajola è stato ottenuto dai lavoratori della Fincantieri di Palermo, al termine di una manifestazione che ha visto la partecipazione dei 2mila addetti, sostenuta dalla solidarietà di molti cittadini. Il corteo si è diretto in prefettura dove sono state messe sul tavolo le richieste di chiarimento sul comportamento dell’azienda. Fincantieri aveva appena annullato una commessa che avrebbe frenato la cassa integrazione, e non sta provvedendo né al rinnovo degli impianti, di vent’anni più vecchi di Monfalcone e Marghera, né alla loro manutenzione. Tutti segnali preoccupanti per il futuro dei lavoratori impiegati nel cantiere, i quali si sono spesi invece in straordinari e produttività che hanno apportato benefici al gruppo. Ora 35 addetti sono già in cassa integrazione, e dopo aver visto annullare l’ennesima commessa, è esplosa la rabbia. L’incontro al Ministero è previsto per lunedì 14 settembre.
Grande partecipazione anche allo sciopero di 4 ore indetto dalle imprese di installazioni telefoniche del gruppo Telecom. “Oltre alla manifestazione più importante – fanno sapere dalla Fiom - svoltasi a Milano, altre iniziative esterne si sono tenute a Genova, Napoli e Reggio Calabria”. La vertenza è in piedi da mesi, e a luglio ha ottenuto il blocco delle gare per gli appalti indette da Telecom. Blocco però solo temporaneo, e al tavolo con Scajola ancora non si è ottenuto un cambio radicale di politica industriale da parte dell’azienda. “Il permanere di queste politiche attuate da Telecom – fa sapere Augustin Breda, responsabile nazionale Fiom per il settore - e i tagli indiscriminati al valore delle commesse, non possono essere accettati dai lavoratori. Ciò per le pesanti conseguenze che tali politiche hanno sia sul piano industriale che su quello occupazionale. Un mancato cambiamento di tali indirizzi - conclude Breda - non potrà che provocare più radicali iniziative di contrasto da parte dei lavoratori e dei sindacati dei metalmeccanici".
Buone notizie sono invece arrivate dall’incontro del 9 settembre per la Cnh di Imola. Dopo un primo segnale negativo che dava per scontata la chiusura dopo due anni di Cig straordinaria, è arrivato il contrordine. Ieri pomeriggio si è svolto un incontro con le istituzioni locali, la Fiom, presente al presidio per tutti gli 82 giorni di permanenza e che si è fatta portavoce delle richieste dei lavoratori, e tutti i lavoratori che hanno partecipato alla lotta. Un grande applauso è stato riservato a Guido Barbieri, "che con il suo gesto generoso fatto a nome di tutti – ha detto Paolo Stefani, Fiom di Imola – è riuscito a far accendere i riflettori sul sito produttivo imolese e sbloccare la situazione di stallo che si era creata". Enzo Masini, coordinatore nazionale Fiom per il settore auto, ha chiarito in quest’occasione che “il sindacato non avrebbe mai firmato i licenziamenti da parte della più grande azienda italiana”, perché intende bloccarli anche in tutte le altre aziende. Ora si tratta di “presidiare” l’operato dell’azienda per controllare la trasparenza della riorganizzazione del sito, e per questo l’assemblea permanente dei lavoratori ha votato a larga maggioranza un comitato di otto di loro che parteciperà a tutti gli incontri.
Situazioni ancora in stallo sono quelle della Lasme di Melfi, dove ieri la Fiom Basilicata ha indetto la 3° festa operaia con la partecipazione del segretario generale Gianni Rinaldini, la Agile Eutelia, dove i lavoratori ancora aspettano di veder pagati gli stipendi di luglio e agosto, nonché i pregressi di Eutelia, e per tutta risposta l’azienda li ha ‘invitati’ a revocare le impugnative al trasferimento d’azienda. Fim Fiom Uilm nazionali e Fistel, Slc e Uilcom nazionali hanno inviato un comunicato nel quale precisano che “nel caso si rilevasse una diretta correlazione tra impugnazioni e mancato pagamento delle retribuzioni, agiremo per tutelare tutti i lavoratori per questo inaccettabile, discriminatorio e coercitivo trattamento”. Nel frattempo il presidio continua, come continua alla Esab di Mesero e alla Metalli Prezioni di Paterno Dugnano, Milano. Anche queste aziende non hanno alcun problema di mercato, ma sono tutte in odore di speculazione. “E’ scandaloso che nella regione più ricca d’Italia – denuncia il segretario nazionale Fiom Giorgio Cremaschi, portando la solidarietà sua e dell’organizzazione - dove si preparano affari colossali attorno all’Expo e dove troppo spesso è la speculazione edilizia il motivo reale per cui si distruggono aziende e si cancellano posti di lavoro, non ci sia la possibilità di impedire che vengano chiuse imprese che avrebbero la possibilità di riprendere l’attività perché, all’origine delle loro crisi, non ci sono problemi di mercato”. La proposta della Fiom messa sul tavolo della trattativa di “discutere della struttura industriale del nostro paese”, e che la Federmeccanica ha trattato come “un foglietto bianco con quattro punti”, è la cosa più seria che si sia sentita da molto molto tempo a questa parte.
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