vigneto2.jpg
PERUGIA - “La decisione assunta dalla Giunta Regionale dell’Umbria di prorogare per tre anni il divieto di impianto di nuovi vigneti di Sagrantino è una scelta giusta e per di più sollecitata e condivisa dai produttori del Consorzio di tutela di questo pregiato vitigno che si identifica con l’Umbria e ne costituisce un’eccellenza”. Così il consigliere regionale Giancarlo Cintioli (Pd) risponde al collega Enrico Sebastiani (FI-Pdl) che ha criticato il provvedimento della Giunta chiedendone la sospensione, al fine di permettere ai produttori di fare nuovi investimenti aumentando le superfici vitate e quindi causando “una distorsione nei mercati a causa di una eccessiva produzione di vino”. “Una posizione che – secondo Cintioli - va contro gli interessi del Consorzio di tutela del Sagrantino, dei produttori, delle associazioni di categoria che, seppure con dei distinguo, hanno condiviso la decisione della Giunta regionale”. “I vini umbri – prosegue il consigliere del Pd - sono uno dei settori più rappresentativi, sia in termini economici che di immagine, dell’intero comparto agroalimentare regionale. In questo ambito, il Sagrantino di Montefalco, con la sua tipicità e unicità, rappresenta il punto di forza, l’elemento qualificante di una produzione di valore riconosciuto sia in Italia che nel mondo. Ma il problema è proprio qui, nella capacità di raggiungere i mercati internazionali attraverso una grande azione di promozione e di comunicazione che consenta di identificare con il vino quel valore aggiunto dato dal territorio e dalla sua storia secolare, dall’ambiente e dalla qualità. Il mercato del Sagrantino, infatti, per il 60 per cento riguarda l’Umbria e solo per il restante 40 per cento interessa il resto dell’Italia e l’estero”. “Non bisogna dimenticare – aggiunge Cintioli - che con il precedente Piano di sviluppo rurale sono stati investiti 55 milioni di euro nel distretto umbro del Sagrantino, in quanto uno dei vini più noti nel Paese e con grandi potenzialità. La produzione di 2 milioni e mezzo di bottiglie avrebbe dovuto consentire la ‘conquista’ dei mercati esteri ma, in realtà, il problema di fondo è rimasto invariato: la crisi internazionale, tra le varie cause, non ha permesso di modificare il mercato di riferimento”. “Proprio per queste ragioni – conclude - piuttosto che criticare l’operato della Giunta regionale o ‘rinvangare’ il passato, sarebbe più opportuno che le istituzioni e i produttori avviassero un confronto serio e costruttivo al fine di individuare le giuste strategie per capovolgere le attuali percentuali di vendita nei mercati e soprattutto per far sì che le risorse destinate dalla Regione Umbria alla promozione del vino nei mercati extraeuropei vengano utilizzate dai produttori nella loro interezza”. Condividi