FOLIGNO - ''Oggi l'assassino di mia figlia circola indisturbato'', ''faccia cessare questo scandalo, la supplico'': a chiederlo al ministro della Giustizia Angelino Alfano e' Patrizia Genta, la madre di Concetta, uccisa a Foligno con una coltellata, delitto per il quale Giampaolo Properzi e' stato condannato a 14 anni e otto mesi di reclusione con il rito abbreviato. L'uomo, accusato di omicidio volontario, e' agli arresti domiciliari con la possibilita' di lasciare la sua abitazione in orari prestabiliti.
Patrizia Genta, rappresentata come parte civile dall'avvocato Giovanni Picuti, ha cosi' deciso di rivolgersi al Guardasigilli tramite gli organi d'informazione, con una lettera diffusa oggi da lei stessa.
''Voglia signor ministro - ha scritto la donna - incaricare i suoi ispettori e acquisire informazioni in tempi rapidissimi per comprendere come sia potuto accadere che Properzi oggi circoli impunemente per la propria citta', Foligno, la stessa in cui egli ha compiuto il delitto e dove io abito. Mi e' stato detto, in maniera poco convincente, che le esigenze cautelari sono ormai attenuate, che non sussiste il pericolo di fuga, che l'assassino non commettera' altri delitti e che non potra' piu'
inquinare le prove. Queste sono parole che una madre non puo' comprendere - ha aggiunto Patrizia Genta -, cosi' come risultano incomprensibili a una intera comunita', la stessa che si e' schierata al mio fianco''.
''Sono delusa - ha proseguito Patrizia Genta -, preoccupata e sfiduciata nei confronti della giustizia. Sono spaventata anche per quello che potrebbe accadere. Non esco piu' di casa perche' mi e' apitato
di incontrare Properzi mentre passeggiava con il proprio cane. In una circostanza mi si e' parato contro, sfidandomi con fare minaccioso, com'e' successo un'altra volta al telefono. Per questi fatti ho sporto querela, forse inutilmente. Faccia cessare questo scandalo, la supplico. Non posso rimanere reclusa, guardarmi ogni giorno dove cammino e temere di incontrarmi con lui, che mi sbeffeggia in continuazione. Certe volte mi sembra che si siano invertiti i ruoli''.
''Sono io la sola che sta pagando per quello che e' successo - ha scritto ancora la Genta -, mentre l'accoltellatore di mia figlia transita indisturbato a piedi e in auto. Ignoro le motivazioni che hanno portato il giudice a liberare un omicida, ignoro il contenuto della sentenza che lo ha condannato a una pena particolarmente lieve rispetto alle gravi responsabilita' accertate, ignoro la ragione logica e giuridica per cui mi e' stata respinta l'istanza di sequestro dei beni del Properzi. Da madre, barbaramente privata dell'unica figlia, ma anche da cittadina appartenente a questo Stato, di cui riconosco l'autorita', mi domando se quello che si sta verificando abbia un senso e soprattutto se sia giusto ed esemplare per la comunita' civile tollerare questa aberrante situazione. Forse nel nostro Paese e' permesso tutto, persino l'omicidio alla cui responsabilita' e' facile sottrarsi grazie a leggi ambigue, difficili da recepire da parte di chi ha subito torti cosi' grandi ed irreparabili. Mi e' stato spiegato che una persona condannata in primo grado deve considerarsi innocente fino alla sentenza definitiva. Tuttavia, signor ministro, in ordine al caso Luigi Campise ella ha espresso alla famiglia Bellorofonte tutta la sua vicinanza, dichiarando che a volte il rispetto formale della legge contrasta con il senso profondo di giustizia di ciascuno di noi e che quando cio' accade, evidentemente qualcosa non va'. Sono convinta - ha concluso Patrizia Genta - che ella, con la sua autorita', possa porre fine a questa ingiustizia e rimedio ai pericoli che potrebbero derivarne''.
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