“Era il 1980 e mi trovavo vicino a lui in aereo. Prendeva appunti, leggeva. Volevo dirgli quanto l’ammiravo e stimavo, ma non lo feci. Peccato”. Lui, è Enrico Berlinguer, storico segretario del Pci. A ricordare questo aneddoto, invece, è il candidato alla segreteria nazionale del Pd Ignazio Marino, che ieri sera a Perugia è stato il primo ospite della festa locale del Pd. Incalzato dalle domane dell’ex direttore del Corriere dell’Umbria Federico Fioravanti, Marino la platea dei militanti l’ha scaldata, forse più di quanto si poteva immaginare. Tanti gli applausi quanto pochi erano i dirigenti locali del partito venuti ad ascoltarlo.
Parla chiaro Marino e questo sembra piacere particolarmente al pubblico. “Il Pd – scandisce – deve essere in grado di dire dei sì e dei no chiari. All’interno della mia mozione questo è possibile, all’interno delle altre non lo so”. Sta in questa nettezza, secondo il candidato, il maggior elemento che lo differenzia da Bersani e Franceschini. “Noi ad esempio il nucleare non lo vogliamo. Loro che vogliono fare? Oppure, sui temi della vita e della morte come fanno a trovare una sintesi al loro interno?”. La prima parola di chiarezza arriva sulla libertà di stampa: “Viviamo – dice – in una situazione atipica. In molti casi la stampa non è libera. Oggi come oggi, non ci farebbero neanche entrare nell’Ue, visto che siamo al 73esimo posto nel mondo per quanto riguarda proprio la libertà di stampa”.
Applausi scroscianti, Marino li ottiene quando dice che a lui “la lottizzazione della Rai non interessa. Non ci interessano gli strapuntini di sottopotere per ottenere qualche secondo nei tg. Questo tipo di politica è la stessa che in Italia lottizza pure la sanità. Una cosa pazzesca”. A molti dirigenti questi applausi avrebbero fatto fischiare le orecchie. Se solo fossero venuti. Della Rai e di tutto il sottobosco di potere, a quei 200 militanti e simpatizzanti del Pd non frega proprio una mazza.
Altrettanto chiaro Marino è sulle politiche per l’immigrazione. Per lui, prima di tutto, “l’immigrato è una persona”. Anche se poi, in Europa, “l’Italia sopporta un peso eccessivo dei costi, che andrebbero meglio redistribuiti fra tutti i paesi. Di questo il governo e il Pd dovrebbero parlare”. Sulla scuola poi il senatore denuncia le “politiche miopi del governo. Non si taglia su scuola e ricerca, che sono elementi essenziali di un paese”. Sulle alleanze invece il discorso è più sfumato. Si deve andare con l’Idv o con l’Udc? Per Marino, prima di tutto sono fondamentali idee e programmi “chiari: sulla base di questi poi saranno gli altri a venire da noi. E vedrete che i voti arriveranno. Ma bisogna parlare chiaro. Comunque sia, ora noi dobbiamo fare una forte opposizione per non lasciare campo aperto a Di Pietro”.
Molto interessante poi è stata la parte della discussione che ha riguardato la forma partito. Ossia il Pd che Marino vorrebbe. Un partito senza correnti, poiché producono “sottopotere”, un partito che sia “delle persone e dei circoli. Se poi fra di noi non troviamo una sintesi su alcuni temi, interrogheremo il popolo dei circoli accettandone le decisioni. Sia io sia Paola Binetti”. E poi ancora, per il senatore “dieci persone non possono decidere chi siede in parlamento e chi, in generale, corre per le cariche elettive. Questi vanno scelti con primarie aperte e partecipate”.
Sul metodo di lavoro che il Pd dovrebbe adottare, Marino importerebbe volentieri il suo, stile ospedale: “Ci si vede ogni mattina alle 7.30, si discute di cosa bolle in pentola e poi si prende una decisione”. Lui voleva fare anche alle 6.30 ma, “lo so, chi fa politica ama svegliarsi un po’ più tardi”. “Qualcuno – chiosa Fioravanti – non si sveglia mai”.
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