Si compone di 2 pagine il decreto penale di condanna emesso nei confronti di Dino Boffo dal Gip
del tribunale di Terni Augusto Fornaci il 9 agosto del 2004. Del provvedimento i giornalisti hanno potuto oggi avere copia dopo la decisione favorevole del giudice Pierluigi Panariello, il quale ha comunque disposto che dall'atto fosse cancellato il nome della parte offesa.
Nel decreto si legge che Boffo Dino, nato ad Asolo il 19 agosto del 1952'', è stato imputato ''del reato di cui all'articolo 660 c.p. perché, effettuando ripetute chiamate sulle sue utenze telefoniche nel corso delle quali la ingiuriava anche alludendo ai rapporti sessuali con il suo compagno (condotta di reato per la quale è stata presentata remissione di querela) per petulanza e biasimevoli motivi recava molestia a OMISSIS. In Terni dall'agosto 2001 al gennaio 2002''. A
proposito della frase sui rapporti sessuali il gip -rispondendo ai giornalisti- ha precisato che si devono intendere quelli tra la donna che aveva sporto denuncia e il proprio compagno. Il giudice ha inoltre ribadito che nelle carte processuali non c'è alcuna informativa che riguardi le inclinazioni sessuali di Boffo.
Per questi motivi - si legge ancora nel decreto - il Gip ha condannato l'imputato in ordine al reato ''alla pena di euro 516 complessive di ammenda''. Nella parte finale del provvedimento si legge che il giudice ''ordina l'esecuzione del presente decreto ove non venga proposta opposizione nel termine sovra indicato''.
I TESTIMONI Nel corso dell'indagine che a Terni ha coinvolto Dino Boffo sono stati sentiti alcuni testimoni che hanno ''confermato'' la conoscenza tra il direttore di Avvenire e la donna che lo denunciò per molestie personali.
Deposizioni che figurano tra gli atti del fascicolo, secondo quanto riferito oggi dal gip di Terni Pier Luigi Panariello che ha autorizzato i giornalisti a prendere visione oggi del decreto di condanna.
Il giudice ha confermato che agli atti non ci sono intercettazioni ma i tabulati telefonici relativi alle udienze di Boffo. Panariello ha quindi spiegato che il giornalista si difese sostenendo di non essere l'autore delle telefonate. Ma questa tesi - ha aggiunto - non è stata approfondita non essendo stata evidentemente ritenuta attendibile da chi indagava''.
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