ROMA - Quella Fiat 127 bianca dal cui bagagliaio, la notte del 30 settembre del 1975, si levarono i gemiti di Donatella Colasanti era la sua. O meglio, di suo padre Raffaele Guido, alto funzionario di banca che all'arrivo dei carabinieri nell'elegante palazzina del quartiere Trieste, a Roma, rimase attonito, incredulo che il figlio Guido e i suoi amici 'pariolini' Andrea Ghira e Angelo Izzo potessero aver usato cosi' tanta ferocia su due giovani, la diciassettenne Donatella, sopravvissuta solo perche' si finse morta, e Rosaria Lopez, 20 anni, seviziata, violentata e annegata nella vasca da bagno. Gianni Guido e' ora libero perché avrebbe saldato il conto con la giustizia italiana che lo aveva condannato a 30 anni di carcere per la strage commessa nella villa degli orrori, al Circeo.
Ha compiuto un percorso di ''silenzioso pentimento'', come hanno scritto i giudici del Tribunale si sorveglianza di Roma che prima, nel luglio del 2007, gli hanno concesso la semiliberta' (la mattina lavorava per la cooperativa 'Fuori centro' e la sera faceva ritorno nel carcere di Civitavecchia), e poi, nell'aprile 2008, lo hanno affidato in prova ai servizi sociali.
Ora Guido continua a lavorare per la Caritas di Roma ma non ha piu' l'obbligo di tornare la sera a dormire nella palazzina color ocra di via Capodistria 4, dove continuano ad abitare i suoi genitori, poco lontano da Via Pola, la strada in cui i tre rampolli posteggiarono la 127 bianca con dentro i corpi di Rosaria e Donatella avvolti in buste di plastica e poi si allontanarono per andare a cena.
''E' una ferita che si e' riaperta ancora una volta. E' ancora sento la rabbia che mi mangia il cuore e l'anima, ma tanto non c'e' nulla da fare: in questo Paese la giustizia non funziona'', e' l'amaro sfogo di Letizia Lopez, sorella di Rosaria, secondo cui ''il signor Guido non ha affatto scontato la sua pena; e' andato in Argentina, e' scappato all'estero, ha fatto gran parte della condanna ai servizi sociali, ha usufruito di permessi''. E in effetti Guido in carcere c'e' stato, ma non per 30 anni (non ebbe l'ergastolo perche' si dichiaro' pentito in appello e risarci' la famiglia Lopez con 100 milioni di lire), e le ha provate tutte pur di non restare in cella: nel 1981 fuggi' dal penitenziario di San Gimignano per rifugiarsi in Argentina, dove fu arrestato due anni dopo; nel 1985 evase anche dal carcere di Buenos Aires e riparo' a Panama, ma la sua latitanza fini' nel 1994.
Tra indulti (ha usufruito di quelli del 1990 e del 2006), benefici penitenziari previsti dalla 'Gozzini', regime di semiliberta', e infine affidamento in prova ai servizi sociali, la sua pena e' ormai scontata. Non e' piu' il ragazzo narcisista che menava le mani assieme agli amici 'pariolini' di destra: i suoi 53 anni li dimostra tutti, dicono i vicini. ''E introverso e si vergogna come un ladro di quello che ha fatto'', racconta Paolo Canevelli, il presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma che gli concesse la semiliberta' e l'affidamento i prova.
''Provo pieta' per quelle persone, per le famiglie di quelle ragazze, ogni volta che si parla di quella tragedia e' una ferita che si riapre'', dice Gianni Guido al suo difensore, l'avvocato Massimo Ciardullo. Con un sacerdote Guido sta traducendo dallo spagnolo, lingua che conosce bene, alcuni testi e sta scrivendo un libro di filosofia, oltre a prendersi cura degli anziani genitori. Per gli altri massacratori della strage del Circeo e' andata diversamente: Andrea Ghira, subito fuggito in Marocco si arruolo' nella regione straniera (le sue spoglie sono state rinvenute a Melilla, nel cimitero dei legionari spagnoli); Angelo Izzo, invece, e' di nuovo in carcere a scontare un altro ergastolo dopo che, nell'aprile del 2005, rimesso in semiliberta', torno' a seviziare e ad uccidere una donna, Maria Carmela Linciano, e sua figlia Valentina, di 14 anni.
A Donatella, l'unica sopravvissuta al massacro, non fu risparmiato l'orrore di questa terribile notizia pochi mesi prima di morire, nel dicembre 2005, per un tumore al seno.
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