"Non vi preoccupate, all`inaugurazione vi prometto che ci sarò": Ted Kennedy ha rispettato l`impegno, è morto sette mesi dopo aver visto il suo Barack Obama giurare come presidente degli Stati Uniti. In campagna elettorale, gli era stato a fianco l`anno scorso partecipando a innumerevoli comizi. Il suo `endorsement`, il suo appoggio ufficiale, all`inizio del 2008, aveva portato in dote al giovane senatore afroamericano tutti i membri più importanti del clan Kennedy. Quelli di nuova generazione come Caroline Kennedy e Maria Shriver: lui, dei `vecchi` Kennedy, era l`ultimo. E proprio un anno fa, il 25 agosto, nonostante la malattia parlò alla Convention he assegnò a Obama la nomination democratica per la Casa Bianca. A Denver, in Colorado, giravano voci frenetiche circa la sua presenza. Quando salì sul palco l`intero partito trattenne il fiato: i giochi erano fatti, Obama era già il candidato, ma la presenza di Kennedy elettrizzò l`uditorio. Fu un discorso breve ma commosse tutti: "nulla avrebbe potuto tenermi lontano da qui", disse. Il fratello minore di Jfk e Robert, erede politico della dinastia che ha segnato la storia d`America (e quella sua personale, schiacciata dall`ombra dei grandi), quando ha detto "sì" a Barack Obama ha assestato un colpo mortale alle speranze di diventare presidente della signora Hillary Clinton, impegnata nella sanguinosa battaglia per la Casa Bianca contro il senatore dell`Illinois. In Obama, Kennedy aveva visto la luce: un leader `visionario`, il "Jfk nero", radicalmente diverso da chiunque altro e per questo capace non solo di tirar fuori il partito democratico dalla depressione e gli Stati Uniti dalla palude dell`era Bush, ma di dare un nuovo afflato di speranza e una "nuova frontiera" al popolo. Poi, l`annuncio shock dell`estate: Ted Kennedy era malato di un tumore al cervello. Eppure il suo sostegno a Obama non è venuto a mancare, fino alla fine. A Denver, disse "Questa per me è la stagione della speranza, per la giustizia e una prosperità giusta per i molti, non solo per i pochi. Questa è la causa della mia vita, la nuova speranza che garantiremo a ogni americano, del nord, del sud, dell`est, dell`ovest, giovane, vecchio, una giusta assistenza sanitaria di qualità come un diritto fondamentale e non un privilegio". La riforma sanitaria è stata il suo disperato cruccio fino alla fine. Il progetto di Barack Obama è osteggiato ferocemente dai repubblicani e anche da certi democratici. Una settimana fa, Kennedy ha scritto una lettera ai vertici del suo Stato, il Massachusetts, chiedendo di essere sostituito nel suo ruolo di senatore a Washington il prima possibile, senza aspettare l'elezione suppletiva necessaria per legge. Il senatore temeva che la sua assenza nuocesse al partito al momento di votare la tanto discussa riforma. Commovente, la lettera resterà però probabilmente senza seguito: Edward Kennedy chiedeva che si tornasse alle vecchie norme, e che il governatore nominasse un sostituto pro tempore. Ma la legge che vieta le sostituzioni pro tempore in Massachusetts è stata voluta dai democratici appena 5 anni fa (per impedire che il governatore, allora repubblicano, mettesse un suo uomo al posto del democratico John Kerry se questi avesse vinto la corsa verso la Casa Bianca). Il seggio di Kennedy rischia di restare vuoto proprio al momento della battaglia per lui cruciale. Condividi