Il Personale ATA dell’Ipsia di Terni
“Quando al danno s’aggiunge la beffa”, potrebbe essere il titolo della soap-opera che dura da mesi sul palcoscenico regionale e provinciale della scuola a proposito dei tagli e del dimensionamento.
L’intero problema, questa è la verità, è stato trattato, quanto meno, con leggerezza: le scuole della Provincia di Terni non si sono potute giovare del principio di
omogeneità, tanto che ben 18 istituti perugini non hanno subito dimensionamenti; non si sono potute giovare del principio di
organicità, al punto che per formare scuole con un minimo di 500 alunni si è passati sopra ai più svariati indirizzi di studio ( vedi ad esempio le scuole di Amelia) che hanno visto, fra l’altro,con la non riconferma del corso per grafici del “Casagrande”; non si sono potute giovare del principio di
complessità, concetto che racchiude le finalità professionali, la presenza di extracomunitari, l’azione sociale svolta da una specifica scuola all’interno del territorio.
L’Ipsia “Sandro Pertini” di Terni concentrava tutti questi elementi, tanto che è stato individuato qualche giorno fa, come l’istituto più complesso da gestire nell’intero territorio regionale. A definirlo così è stato l’Ufficio Scolastico Regionale insieme a tutti i sindacati di categoria. All’epoca, la CGIL-Flc regionale giudicò il dimensionamento della Massarelli “un pessimo lavoro” e i Cobas parlarono di “devastazione della scuola pubblica a Terni: l’Assessore Massarelli più...tagliente della ministra Gelmini”.
La legge, dalla quale la Massarelli ha detto di non potersi sottrarre, definendo il suo intervento “un atto dovuto”, ha consentito alla maggioranza delle regioni di farlo, senza con questo risultare inottemperanti, e lo hanno fatto confrontandosi con la realtà scolastica territoriale (dirigenti scolastici , comuni e province), al punto che la Corte Costituzionale ha dato loro ragione.
L’atteggiamento di solidarietà è un puro atto di presunzione, un’autentica offesa all’intelligenza dei lavoratori ATA della scuola, vittime di un eccessivo protagonismo.
Ricondurre il tema nei confini della verità è un obbligo morale, seppure dagli effetti effimeri, per chi è costretto a subire gli aspetti tragici della vicenda. E’ troppo facile dire “...io non c’entro”.
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