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Per chi ama la buona lettura può trovare negli scaffali delle librerie un libro da leggere e gustare tutto d'un fiato: “Ventitré colpi di pugnale: Diario segreto degli ultimi giorni di Giulio Cesare”. L'autore è Luca Canali, uno dei più raffinati intellettuali del nostro Paese, forse il più profondo conoscitore di letteratura latina. Il libro è edito PIEMME e venduto a € 13,50. Il più famoso omicidio politico della storia, quello di Caio Giulio Cesare, ha alimentato la curiosità e l'impegno di storici, letterati, scrittori, che tuttora non sfuggono al fascino e alla grandiosa opera del “più illustre figlio di Roma” come lo ha definito Fedeli. L'opera di Canali parte dal 6 febbraio, anno 710 dalla fondazione di Roma (sera) per arrivare alle Idi di marzo (terza ora del giorno), quando Cesare sente entrare in casa decimo Bruto, inviato dal gruppo dei cesaricidi per accertarsi ed eventualmente convincerlo a recarsi alla seduta del senato quella mattina. Ogni giorno Canali costruisce per Cesaree impegni politici, riflessioni, situazioni personali, scene di vita familiare, emozioni. Il 3 marzo (sera) Cesare: “Sono a casa. Guardo alcuni oggetti del mio studio: sono vecchie cose, uno stilo consunto, un monile appartenuto a Giulia, una fiala di profumo donatami da Servilia. Ognuna di esse mi ricorda piccoli e grandi eventi del passato. Da giovane ero impaziente di liberarmi di quanto apparisse appena logorato. Ora le tracce dell'uso mi confortano; forse non amo quegli oggetti, vagheggio il passato, come i vecchi. Dunque sono anch'io un vecchio, ma ancora giovane nel cuore e nella mente. Oppure un giovane invecchiato troppo presto”. Un diario pieno di pensieri e ricordi di uomo, condottiero, statista, fine politico. Delle sue imprese che hanno chiuso un'epoca della storia e hanno dato vita all'impero più grande, vitale e duraturo dell'occidente, la conquista della Gallia, la strategia politica, la guerra civile, Cleopatra, la figlia Giulia, gli scontri in senato, le congiure, le amicizie e le inimicizie. Ma Canali ci fa conoscere anche un cesare più intimo, le relazioni con le persone che ama e che stima. Anche in “Ventitré colpi di pugnale” Canali lascia intendere l'aspetto più apprezzato della personalità di Cesare, la razionalità, che libera dai vincoli filosofici e religiosi, è in grado di valutare la possibilità che la realtà offre all'iniziativa. Una razionalità che va oltre il semplice sentimentalismo e il rozzo pragmatismo, che sviluppa forti sentimenti nell'alveo della logica. Nel suo magistrale “Giulio Cesare“, Edizioni Studio Tesi scrive”Ma un'ispirazione è permanente, un dato è incontestabile nella sua personalità e nella sua azione: la volontà di ristabilire, e in certi casi addirittura di fondare, una norma razionale per tutte le cose. Non è un caso che la rivoluzione cesariana coincida appunto con il riassetto della società romana profondamente disorganizzata, con il superamento di tutte le tendenze anarchiche “di destra” e “di sinistra” operanti nella società romana, con il violento ristabilimento dell'ordine al livello storicamente più alto e opportuno contro il disordine provocato dalla conservazione di interessi storicamente arretrati” Nel “Giulio Cesare”, per gli Editori Riuniti del 1999, Canali scrive ancora: “La rivoluzione cesariana altro non è che la logica maturazione, e quindi l'inevitabile condizionamento e adattamento alle possibilità reali, di tutte le precedenti esperienze rivoluzionarie tendenti ad affermare esigenze spesso non soltanto particolari ma corrispondenti anche agli interessi dello stato romano nel suo complesso, in contrasto con l'irrazionalità e l'angustia dell'organizzazione sociale e statale tradizionale, che pure, in passato, aveva assolto egregiamente alla propria funzione, ma che si rivelava ora inadeguata alla realtà e ai compiti nuovi che le stavano di fronte. Dal modo nuovo come venne impostata la questione della cittadinanza, alla modernità della legislazione municipale; dai tentativi di stabilizzazione della piccola proprietà terriera alla deduzione delle colonie, dalle misure prese con l'intento di reintegrare socialmente il sottoproletariato, al rinsanguamento degli organi dirigenti dello Stato con le forze migliori della borghesia ed aristocrazia municipali; dalla difesa dei diritti della provincia contro la rapacità dei funzionari centrali legati ancora ad una concezione antiquata dello stato cittadino, alla costituzione di una burocrazia di “uomini nuovi” che, esautorando le vecchie classi da una serie di loro precedenti funzioni, soprattutto in materia fiscale, ne riducesse il carattere parassitario costringendole a cimentarsi con le nuove realtà, e quindi a esprimere ciò che di attivo e positivo fosse ancora in esse: in ognuna di queste questioni, e nelle soluzioni che ad esse Cesare seppe dare, si manifesta l'opera di una superiore intelligenza protesa verso il futuro ma ben salda nei compiti presenti, decisa a rompere i legami dannosi con il passato, ma al tempo stesso a mantenere viva, con l'ulteriore sviluppo della potenza e della influenza di Roma, la essenza stessa della tradizione romana, senza mai capitolare di fronte a interessi individuali o ad astratti motivi ideologici, e viceversa in rigorosa coerenza con le esigenze dello stato sopra – nazionale, e in accoglimento di tutte le spinte progressive che in esso si manifestano, a patto che rinunciassero al loro carattere anarchico o particolarista e si integrassero in un bisogno organico, moderno, universalistico: si ricordi il fermo atteggiamento di Cesare contro il tentativo demagogico di Celio Rufo, e la progressiva restrizione della distribuzione di frumento insieme con il possente sviluppo dell'edilizia, per ridurre la base di formazione del sottoproletariato. E se su forze nuove Cesare si basò, e se le forze reazionarie egli distrusse, ciò fu non tanto per adesione sentimentale alla causa degli oppressi o per moralistica indignazione contro la brutalità degli oppressori, quanto per la constatazione che profondi squilibri vi erano nel corpo dello Stato romano e minacciarono l'esistenza, e che proprio dando maggiore spazio e potenza a quelle forze nuove, si potevano superare quegli squilibri e curare per lo stato nuove possibilità di sviluppo: la qual cosa nulla toglie alla grandezza del rivoluzionario Cesare, e invece completa la figura di capoparte con quella dell'uomo di stato”. “Ventitré colpi di pugnale” è chiuso da appendici a cura di Maria Pellegrini assai utili e ben fatte, anche se sintetiche per il lettore non specialista. Il libro è scritto in maniera raffinata e scorrevole, semplice ma allo stesso tempo non assolutamente banale, è un libro creativo ma storicamente fondato, una narrazione pura colma di pagine intense. Un lavoro all'altezza del prestigio e della fama acquistate da Luca Canali. Un libro da non perdere. Stefano Vinti Segretario regionale PRC Umbria CHI È LUCA CANALI Nel dopoguerra è dirigente del Partito Comunista Italiano a Roma. È stato redattore e condirettore de “Il Contemporaneo”, ha collaborato con “Paragone, “Il Verri, “Nuovi argomenti”. Ha insegnato all'università di Roma e Pisa. Ha tradotto tutti i principali scrittori e poeti latini, ed ha scritto di letteratura, storia e politica, saggi e romanzi. Ha pubblicato oltre ottanta lavori. Collabora con importanti testate tra cui Liberazione Condividi