Sovraffollamento, mancanza di spazi, scarsità di personale di sorveglianza, ridottissime possibilità di svolgere un’attività o imparare un mestiere da spendere all’esterno, dopo aver scontato la pena, e perfino mancanza di fondi per l’acquisto di detersivi e spazzoloni. Sono alcuni dei problemi che oggi affliggono le carceri umbre, con l’istituto di Capanne di Perugia che in un solo anno ha visto raddoppiare i detenuti, dai 243 del 2008 ai 485 di oggi, a fronte di una capienza di soli 284, e con una disponibilità di spazi vitali di molto inferiore ai 7 metri quadri per ospite previsti dalla legge. In una conferenza stampa a Palazzo Cesaroni, il consigliere regionale Ada Girolamini (Uniti nell’Ulivo-Sdi) con a fianco gli esponenti dei Radicali italiani, Francesco Pullia e Andrea Maori, ha fatto il punto sull’esito delle quattro ‘approfondite visite’ fatte negli istituti di pena di Perugia, Terni, Spoleto ed Orvieto, nell’ambito dell’iniziativa nazionale “Ferragosto in Carcere”. Dopo aver precisato di aver aderito alla iniziativa, “che a livello nazionale ha avuto l’adesione di tutti i capigruppo della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, anche perché l’Italia è stata condannata dalla Corte europea proprio per il sovraffollamento degli istituti di pena e per i tempi troppo lunghi dei nostri processi”, ha detto, “il fine ultimo della visita è di contribuire ad individuare soluzioni, anche partendo da quella nomina del Garante umbro delle carceri che già il presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, Fabrizio Bracco, si è impegnato a fare a breve”. Nel merito dei problemi incontrati, la Girolamini ha insistito particolarmente: sui problemi del lavoro, “centrale e particolarmente ambito dagli stessi detenuti, ma difficile da realizzare, se si considera che a Perugia lavorano all’esterno in una azienda agraria solo 5 detenuti e per affrontare il quale chiederemo un apposito colloquio con la dirigenza degli istituti”; sulle carenze di una assistenza sanitaria “inadeguata” e di una cronica mancanza di insegnanti e psicologi, “che oggi possono garantire non più di un colloquio ogni sei mesi”. La Girolamini ha comunque detto che con una presenza di cittadini immigrati pari al 70 per cento, le carceri riescono ad assicurare una alimentazione rispettosa dei principi religiosi, in particolare del mondo mussulmano”. Molto critici i due esponenti radicali che hanno partecipato alle visite nei quattro istituti di pena. A giudizio di Pullia e Maori, “si è ormai di fronte all’imbarbarimento della società. Il carcere assomiglia sempre più ad una discarica sociale per i meno abbienti e per i più emarginati. Se fino ad oggi non ci sono state rivolte è per il senso di responsabilità dimostrato degli stessi detenuti. Sarebbe comunque assurdo continuare a costruire altri istituti di pena, meglio decarcerizzare alcuni reati”. Condividi