In un commento dall’esplicito titolo “Il ministro fuori-legge”, pubblicato su “Il Manifesto”, Gianni Ferrara ha sottolineato la gravità della dichiarazione rilasciata dal ministro degli esteri Frattini, al Corriere della Sera, secondo il quale la missione italiana in Afghanistan non rientra tra le previsioni dell’art. 11 della Costituzione, e questo perché non è volta a mantenere la pace, bensì ad imporla “con la legittimazione dell’Onu e della Nato”. Ferrara a buona ragione osserva al riguardo che si tratta di una dichiarazione di enorme gravità “Non solo perché la violazione di una norma posta dalla Costituzione come uno dei principi fondamentali della Repubblica, per la prima volta a memoria d'uomo, è ammessa, dichiarata, riconosciuta da un membro del governo come se fosse possibile, normale, lecito, agire in flagrante opposizione a tale principio, pur se contenuto nell'atto normativo fondante e legittimante l'ordinamento giuridico italiano”, ma anche perché, invece di trarne l'unica, ammissibile, obbligata, improrogabile, conseguenza, quella del ritiro della missione, si abbandona a due operazioni parimenti sconcertanti” . Quali sono queste operazioni? La prima – spiega – è di interpretare il “rifiuto” della guerra (quando poi – osserva – la parola esatta usata nel testo costituzionale è “ripudia”) tentando di includere tra quelle ammesse, le azioni propedeutiche al creare la pace. Con la seconda, poi, si prospetta addirittura l’aggiunta di «un capoverso ad hoc per disciplinare costituzionalmente» tali missioni. Frattini, sostiene al riguardo Ferrara, sa che le nostre truppe in Afghanistan prendono parte a vere e proprie azioni militari, come quando bombardano con i cannoni montati sui Tornado o sparano per difendersi da attacchi terroristici e non può cavarsela ricorrendo alla scappatoia verbale secondo la quale queste azioni militari “preparano la pace”, perché non sono comunque “azioni di pace” come intende la Costituzione. E il ministro Frattini ben sa, osserva ancora Ferrara, “che non c'è stata guerra nella storia che non sia stata propagandata come volta ad instaurare la pace. Che non sia stata motivata da sacri principi e da alti ideali”. Poiché questa storia era ben nota ai nostri costituenti, allora vuol dire che il termine “ripudio” fu usato a ragione, “perché non potessero esserci dubbi, riserve, eccezioni, attenuazioni, elusioni, del disposto normativo redatto più netto, «semplice e chiaro» come lo stesso ministro riconosce”. Quanto poi alla fonte di legittimazione che si invoca. La Nato e l'Onu. Per quanto riguarda la Nato, Ferrara afferma che “al di là di ogni altra considerazione sulla sua ragion d'essere, molto dubbia da non pochi punti di vista, è del tutto ovvio, per chiunque abbia rispetto per le acquisizioni della civiltà giuridica, che un trattato internazionale, qualsivoglia impegno, regola, vincolo, contenga, non può prevedere, tanto meno autorizzare che uno stato vi adempia, violando un principio e una norma della propria costituzione”. Mentre,”per quanto riguarda l'Onu, va detto che proprio sulla base di quanto prescrive l'articolo 11 in ordine alle limitazioni di sovranità previste e consentite in quanto «necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni», non è che qualsivoglia deliberazione del Consiglio di sicurezza, perché tale, sia immune da valutazioni da parte dei singoli stati” e ciascuno di questi “può sicuramente esaminarne sia la congruenza concreta e specifica rispetto al fine di assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni, sia la compatibilità con i princìpi su cui si basa il proprio ordinamento interno”, Condividi