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Con la sentenza n. 7076 del Tar del lazio dello scorso 17 luglio l’ora di religione non vale per i crediti formativi alla maturità. Secondo il giudice amministrativo “l’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato italiano non assicura identicamente la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione in Etica Morale Pubblica”. Si tratta di una sentenza in piena controtendenza rispetto al potere delle gerarchie vaticane che ormai assieme a Confindustria dettano l’agenda politica del governo Berlusconi. Dunque una piccola, ma vera, vittoria della laicità. Una vittoria ancora più forte se si pensa ai draconiani tagli inferti dal ministro Gelmini alla scuola pubblica, che, tra l’altro, hanno eliminato anche la più remota speranza di poter istituire corsi alternativi per carenza di insegnanti. La sentenza del Tar è importante perché dà una concreta applicazione al principio supremo della laicità dello Stato enunciato dalla Corte costituzionale (con sentenza n. 203/1989) “come garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di pluralismo confessionale e culturale”, precisando che “sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico”. Le parole usate sono proprio “assoluta” e “discriminazione”. La scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica deve perciò essere assolutamente libera e i nessun modo condizionata. Sul piatto però rimangono tutti quei privilegi esclusivi di chi insegna nella scuola pubblica la religione cattolica, privilegi introdotti dal ministro Fioroni (Pd) e poi confermati dalla Gelmini (Pdl). Rimane, ad esempio, l’anomalia voluta dall’allora ministro Letizia Moratti che mise a busta paga dello Stato tutti gli insegnanti di religione, che sono scelti e nominati dalla Curia. E che se poi il Vescovato non rinnova l’incarico annuale a uno di loro, questi può accedere alle graduatorie per l’insegnamento delle altre discipline, magari scavalcando in punteggio colleghi entrati in ruolo per regolare concorso e non per nomina vescovile. Ma la sfida vera, oggi, è collocare l’ora di religione cattolica fuori dell’orario obbligatorio, per una scuola veramente laica, per una scuola della Repubblica. Condividi