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Pedro Medellín Torres, esponente di "Cambio" (da Liberazione martedì 11 agosto 2009) Offrendo ai soldati Usa l'accesso al territorio colombiano, Bogotà non ha ben misurato gli effetti di questa decisione. Innanzitutto i suoi dirigenti hanno creduto che grazie a questo l'amministrazione Obama avrebbe riconsiderato il congelamento degli aiuti militari alla Colombia e che si sarebbero riavviati i negoziati sul trattato di libero scambio. Ma non è andata così. In secondo luogo Uribe ha speculato sul fatto che spiegando che le basi militari non servissero a spiare altri paesi (Venezuela in primis) avrebbe ottenuto chissà cosa. Poi, implicato nelle trattative per un "accordo militare di principio" con Gli Stati Uniti, ha supposto di poter allertare la comunità internazionale sul sostegno militare che alcuni paesi potrebbero offrire alle Farc: Bogotà accusa esplicitamente il venezuelano Chàvez e l'ecuadoregno Correa, citando delle prove di un commercio di alcuni lanciarazzi di origine svedese finiti nelle mani delle Farc grazie all'aiuto di Caracas e Quito. Ma anche questo si è rivelato un calcolo errato. Infine la Colombia ha creduto che la freddezza della comunità internazionale fosse limitata unicamnte a Chàvez e Correa. Niente di più sbagliato. La reazione più dura è infatti arrivata da dove meno era attesa: dal presidente del Brasile Lula Iniacio da Silva e dalla presidente del Cile Michelle Bachelet. Nel corso di un incontro bilaterale hanno entrambi manifestato la loro inquietudine rispetto all'accordo militare, reclamando la convocazione del Consiglio di difesa sudamericano per discutere la questione delle basi militari statuntensi in Colombia. Di fronte a queste reazioni Bogotà ha ancora una volta reagito sopra le righe. Il governo ha fatto sapere, attraverso il ministero degli Esteri, che né il presidente Uribe, né capo della diplomazia colombiana Jaime Bermùdez avrebbero partecipato ala riuniobne delle Nazioni sudamericane (Unasur) che si è aperta ieri a Quito. La risposta non è tardata.m Il ministro degli Esteri del Brasile Celso Amorim, al fine di segnalare a che punto gli Stati della regione fossero preoccupati, ha dichiarato da San Paolo: «L'affare dei lanciamissili svedesi alle Farc è un episodio minore rispetto a quello delle basi militari americane». E, per fugare ogni dubbio, a chiesto che l'accordo tra Bogotà e Washington sia «spiegato meglio», suggerendo poi alla Colombia di offire delle garanzie sulla portata dell'accordo alle nazioni limitrofe, Venezuela su tutte. Le dichiarazioni di Amorim, che hanno spostato il problema su un altro piano, sono state un'autentica doccia fredda per Uribe. Eccetto il Perù, la stragrande maggioranza dei Paesi del Sudamerica sostiene che la decisione di cedere delle basi militari agli Stati Uniti è diventata un grave fattore di destabilizzazione regionale. «Sono truppe straniere, ne dobbiamo discutere con Obama. Le pressioni di Brasilia e Santiago sono state così forti che hanno obbligato il presidente Uribe a intraprendere una tournée lampo in Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù e Uruguay per spiegare i dettagli dell'"accordo di principio" con gli Stati Uniti. Il tutto nonostante il fatto che ha Bogotà era in corso una crisi della maggioranza di governo che avrebbe dovuto imporre la sua presenza. E' evidente che agendo in questo modo Uribe provi ad attenuare le pressioni di Cile e Brasile affinché la Colombia compaia davanti al Consiglio di Difesa sudamericano dove, tra le altre cose, spera vivamente di evitare di giustificarsi davanti Chàvez e Correa. Una scommessa rischiosa. Ad eccezione del Perù, la Colombia non può avere alcuna garanzia che gli altri Paesi della regione, per quanto siano o no soddisfatti delle spiegazioni, saranno disposti ad accantonare il dossier. Per queste ragioni non sarebbe certo sorprendente che durante il summit di Quito si creino gli scenari seguenti: 1) I membri del Consiglio decidono di rivolgersi al presidente Usa Obama per esprimere le loro preoccupazioni riguardo alla stabilità del Sud America dopo la cessione delle basi militari colombiane. E, in tal senso, chiedono di arrivare a un compromesso negoziando direttamente con l'amministrazione americana e i membri dell'Unasur circa la presenza Usa in Colombia. 2) I paesi membri si dichiarano in stato di allerta a causa della presenza di truppe straniere nel continente e obbligano gli Stati Uniti a reagire. A l'ora attuale l'influenza dei paesi sudamericani è troppo importante, notoriamente per quel che concerne le relazioni con la Russia e la Cina, e la leadership brasiliana è troppo forte per lasciare indifferenti gli Stati Uniti. Per il momento quel ch è certo p che la decisione di Uribe di escludere Venezuela ed Ecuador dalla sua tournée "di spiegazioni" rischia di amplificare le tensione della Colmbia con i suoi vicini. Di conseguenza non sarebbe sorprendente che Caracas e Quito annuncino delle ritorsioni nei confronti di Bogotà, rendendo la situazione ancora più complicata. Per la politica estera colombiana si annunciano tempi duri. Il Paese non si è mai trovato in una situazione diplomatica così disperata. Condividi