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Sara Volandri (Liberazione, martedì 11 agosto 2009) Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha accusato la Colombia, con la quale i rapporti sono da tempo ai ferri corti, di aver condotto un'incursione militare illegale nel suo territorio, avvertendo che i suoi soldati risponderanno al prossimo «attacco militare». Le parole di Chavez, pronunciate durante il suo consueto show televisivo «alò presidente» che va in onda in diretta tv ogni domenica sera, sono giunte alla vigila del vertice sudamericano dell'Unasur che si è aperto ieri pomeriggio in Ecuador. In quest'occasione Chavez intende mettere sotto accusa la Colombia per il patto firmato con Washington che permette l'accesso di soldati americani alle proprie basi militari. Secondo Chavez, i soldati colombiani hanno «attraversato il fiume Orinoco in battello e sono entrati nel territorio del Venezuela», battendo poi in ritirata all'arrivo dei soldati di Caracas. «È una provocazione del governo di Uribe -ha tuonato- gli yankee hanno iniziato a comandare le forze colombiane: vogliono farci la guerra». Poi l'appello: «La minaccia contro di noi sta crescendo, mi rivolgo al popolo e alle forze armate, siate pronti a combattere», ha detto ancora Chavez, avvertendo che i suoi soldati «risponderanno se vi sarà un attacco». Il presidente venezuelano ha poi aggiunto che il ministro degli Esteri protesterà formalmente con Bogotà. Il ministero degli Esteri colombiano ha intanto negato che l'incidente dell'Orinoco sia avvenuto, ribadendo che la cooperazione militare con gli Stati Uniti servirà per «combattere il narcotraffico». Al momento soltanto altri due paesi membri dell'Unasur- Bolivia ed Ecuador- hanno condannato formalmente il patto militare fra Colombia e Stati Uniti. Tuttavia altre nazioni come Cile e Brasile, pur non censurando ufficialmente la decisione di Uribe, si sono dette «molto preoccupate» da un atto che rischia di minare la sovranità continentale, introducendo truppe militare straniere attive sul territorio sudamericano, come negli anni bui, quando il Sudamerica era considerato il "cortile di casa" degli Stati Uniti. Il governo di Alvaro Uribe - che non è presente all'incontro di Quito - «difende la tesi dell'attacco preventivo contro di noi», ha concluso Chavez, che è intervenuto nella serata di ieri davanti ai presidenti di altri paesi della regione, tra i quali Rafael Correa (Ecuador), Lula (Brasile) e Cristina Fernandez de Kirchner (Argentina). Sul tema, oltre a Chàvez, il più duro di tutti è stato proprio il padrone di casa Correa, il quale ha definito «molto, molto grave» la questione delle basi statunitensi in Colombia. Condividi