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di Adelaide Coletti Come il capitale anche il controllo sociale si evolve storicamente seguendo la logica del superamento delle contraddizioni ed il riferimento delle nuove tecniche di controllo non è più il deviante da disciplinare. Oggi si tratta di individuare i caratteri esteriori che rendono un individuo appartenente ad un determinato gruppo sociale: al deviante subentra la classe produttrice di rischio ed il perfetto prodotto di questo slittamento dal controllo disciplinare a quello che molte/i sociologhe/i definiscono come “attuariale,” è proprio il pacchetto sicurezza che criminalizza il/la migrante in quanto tale. Sono stati i migranti, in Europa come in Italia, a subire per primi le nuove tecniche di controllo e nel tempo questa deriva securitaria ha coinvolto nel tempo uno specifico soggetto , identificato sia come vittima potenziale che come agente dell’insicurezza ovvero le donne. Le donne sono agenti del pericolo quando non sono bianche , o non italiane e magari battono le strade in cera di clienti. Con il discorso sul decoro e sulla sicurezza urbana si rafforza una visione fortemente conservatrice della donna : da una parte le donne per bene che in quanto tali non escono non di sera se non accompagnate, che non si vestono in un determinato modo, non assumono comportamenti sessuali disdicevoli mentre per tutte le altre ci sono i controlli di polizia e, dulcis in fundo, la legge Carfagna che ricaccia le prostitute nelle case, nei club privati, così numerosi in una piccola regione come l’Umbria, che sono poi quei luoghi in cui le vittime di violenza e del racket sono abbandonate nelle mani dei loro aguzzini. Il fenomeno della prostituzione è talmente complesso da chiamare in causa molteplici dimensioni: le politiche sull’immigrazione,la criminalità organizzata, la povertà, le disuguaglianze di genere, e anche il diritto di ogni donna a scegliere come gestire la sessualità e il proprio corpo. In una recente indagine promossa da una associazione che si occupa di ricerca in materia di sessuologia le violenze sulle donne diminuirebbero se queste fossero meno provocanti : per il 56% dei maschi, per il 33% delle donne, per il 74% dei giovani. La violenza e l’oppressione rappresentano il filo rosso che tiene insieme le trame dei percorsi di vita delle donne distinte in donne per bene e donne per male proprio da una cultura sessista e patriarcale fortemente radicata nella nostra società e fomentata da un governo padre-padrone che si arroga il diritto di proteggere le donne con soluzioni emergenzialistiche di stampo repressivo salvo poi ricoprire il ruolo di “utilizzatore finale” di prestazioni femminili per i propri svaghi giocati in luoghi destinati a fini pubblici. In questi ultimi anni il movimento femminista è sceso ben due volte in piazze in manifestazioni nazionali contro la violenza sulle donne e le politiche securitarie fatte in nostro nome; lo scorso anno la manifestazione si aperta con lo slogan “Indecorose e libere” che riassumeva il testo dell’appello volto evidenziare i nessi tra legge Carfagna e la riforma Gelmini a dimostrazione che la violenza maschile hai molte facce, e una di queste è quella istituzionale:risolvere la crisi economica e culturale che stiamo vivendo smantellando lo stato sociale, per salvare le banche, rifinanziare le missioni militari all’estero e militarizzare le nostre città tagliano i fondi ai centri antiviolenza, ai consultori e a tutti i servizi che garantiscono alle donne libertà, salute e indipendenza. L’obiettivo delle riforme del lavoro, della sanità, della scuola e dell’università è di renderci sempre più precarie e meno garantite:mogli e madri “rispettabili” rinchiuse nelle case, economicamente dipendenti da un uomo, che lavorano gratuitamente per badare ad anziani e bambini. Innumerevoli le azioni dimostrative e le strategie di auto mutuo aiuto messe in campo a livello locale dal privato sociale, dalle associazioni e gruppi informali di donne, iniziative sostenute dalle istituzioni locali. E’ su questa strada che bisogna continuare per contrastare violenza e sessismo, disarticolando il discorso dominante sostenuto dalle destre xenofobe, sessiste e sostenuto dai media come potere globale. Condividi