Nicola Cesaria* Piero Manni** La primavera di Puglia: il primo tempo, quello delle primarie, di quella entusiasmante stagione di partecipazione consumato in un inverno insolitamente freddo per questa Regione; quelle primarie che avrebbero dovuto legittimare la candidatura per il centrosinistra del postdemocristiano Boccia alla presidenza della Regione, e che si risolsero invece con una sonora batosta alla presuntuosa sicumera degli apparati della Margherita, dei Ds e dei partitelli satelliti. La primavera di Puglia: il secondo tempo, giocato tra un Fitto che svolgeva la sua campagna elettorale a suon di milioni di euro, di elargizioni a parroci, associazioni, nomine e promesse di sistemazioni e un Vendola che faceva "nozze con i fichi secchi", ma erano nozze celebrate sulle piazze, nelle assemblee, nelle sedi dei cento e più Comitati Vendola spuntati soprattutto in Puglia, ma anche un po' dappertutto in Italia ed anche fuori, come funghi dopo la pioggia, la pioggia di un sogno di partecipazione, di protagonismo, di un patto di democrazia tra i cittadini e i governanti. Come sembra remota quella stagione di entusiasmo, subito consunta da un iperrealismo politico di Vendola che privilegiò gli equilibri e le compatibilità, che abbandonò i comitati, vissuti dal centrosinistra ma anche, ahinoi, da Nichi come possibili disturbatori, che affidò i settori nodali ad assessori inaffidabili (rimossi poi purtroppo fuori tempo massimo). Tutto ciò si è andato via via solidificando in politiche di autoconservazione, oggi risolte in un tentativo goffo di accreditarsi come l'artefice di un allargamento della maggioranza all'Udc, con una apertura non tanto velata al movimento "Io Sud" della postfascista Adriana Poli Bortone (la quale insieme con Lombardo, il pregiudicato Cito e gente simile sventola oggi la bandiera della questione meridionale). Emblema dell'autoconservazione è la nebbia che ha caratterizzato il rimpasto in Giunta che, mettendo insieme modifica del quadro politico e questione morale, ha prodotto quella che giustamente Paolo Ferrero ha definito "un pasticcio", la rimozione di cinque assessori senza spiegare chi è stato rimosso per un motivo e chi per l'altro. Ha inserito in Giunta assessori che rappresentano Confindustria (Dario Stefàno, alleato nelle recenti elezioni provinciali con l'Udc e la Poli Bortone) o quelle porzioni di potere che nel Salento rappresentano la sintesi di ben individuabili interessi (Loredana Capone) e ha allontanato altri che si erano caratterizzati per la loro vicinanza ai lavoratori e ai loro bisogni senza peraltro farci capire se a causa delle loro posizioni politiche o per sospette collusioni con il malaffare (Marco Barbieri e Mimmo Lomelo). Il Prc non è, con tutta evidenza, compatibile con il disegno autoconservativo, e perciò Vendola l'ha emarginato: siamo fuori dalla Giunta, dai processi progettuali e decisionali, dalla gestione. Il Prc pugliese ha condiviso in questi anni una serie di scelte politiche ed ha contribuito a realizzarle coinvolgendo i territori, nei limiti consentiti dalla concezione peronista che ha sempre caratterizzato il governo di Vendola; ha espresso riserve allorquando le scelte della Giunta erano in contrasto con le nostre scelte di fondo, si è impegnato a modificarle (non sempre con successo), ha votato contro le proposte che non condivideva: questo continueremo a fare, pur non stando di fatto nella maggioranza, nella quale oggi ci riconosciamo assai poco. In questo quadro di progressiva disgregazione è piombato un ulteriore elemento destabilizzante: la vicenda giudiziaria, che mostra ciò che noi avevamo provato a segnalare: non si è riusciti o non si è voluto cambiarla la sanità, sia nelle scelte politiche (la spesa per le strutture private è ulteriormente aumentata al confronto con le pubbliche), sia per le scelte gestionali (con l'obiettivo dichiarato di garantire l'esperienza dei dirigenti si è praticamente confermato il grosso degli stessi). La stessa nomina dell'assessore Tedesco, al di là forse delle intenzioni, si è rivelata una rassicurazione, per il suo esserne parte, alle lobbies degli affari nella sanità quando sarebbe stato necessario un chiaro segnale di discontinuità. Le indagini della magistratura sull'operato di alcuni assessori sono di difficile comprensione, perché i filoni dell'indagine sono diventati talmente tanti che al momento non si riesce a capire su cosa si stia indagando, né chi siano i reali indagati. Ciò non significa che non ci siano seri e forti elementi i quali inducono a sospettare la sussistenza di comportamenti corruttivi, concussionari e di comportamenti eticamente censurabili: e noi, che crediamo fermamente nel ruolo della magistratura, ci limitiamo a chiedere che le indagini vengano concluse in tempi celerissimi, così da dare ai pugliesi elementi certi di valutazione. La magistratura, che è un potere di questo Stato, di questa collettività, non può ignorare le conseguenze del proprio esercizio del potere su questa collettività, su questo Stato, e deve dunque esercitarlo non soltanto nel totale rispetto delle regole ma anche in tempi e modi tali da non arrecare danni sia agli indagati (innocenti fino a prova contraria), ma soprattutto agli altri. La conseguenza più inaccettabile dell'inchiesta sta nel fatto che la destra, responsabile di aver instaurato un organico sistema di relazione e collusione di affari e politica in questa Regione, questa destra pugliese che ha avuto tanti assessori indagati, alcuni arrestati, qualcuno sospeso dall'incarico, ha rialzato la cresta e sbraita contro la corruzione della politica: issi , commenterebbero a Napoli! Da parte nostra proveremo nuovamente come cinque anni fa a cambiare il corso della storia che sembra oggi e sembrava allora ineluttabile, provando a essere lo strumento della partecipazione e del protagonismo popolare; sarà difficile ma anche nell'agosto del 2004 sembrava folle e velleitario pensare che Nichi potesse diventare il presidente della Regione. *segretario regionale Puglia **capogruppo regionale Puglia Condividi