Il consiglio regionale umbro segue con ''grande attenzione ed impegno attivo'' la ''difficile'' delle carceri umbre: è quanto ribadito dal presidente dell'assemblea legislativa, Fabrizio Bracco, che insieme ai componenti dell'ufficio di presidenza, Mara Gilioni ed Andrea Lignani Marchesani, ha incontrato stamani a Palazzo Cesaroni le rappresentanze dei sindacati degli agenti di polizia penitenziaria. Bracco - riferisce un comunicato della Regione - ha assicurato loro che, a nome del consiglio, manifesterà ufficialmente al Governo, al ministero di Grazia e giustizia e al capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria la ''preoccupazione del consiglio regionale dell'Umbria per la situazione che si sta producendo negli istituti di detenzione umbri a causa del trasferimento in atto di 500 nuovi detenuti. Rappresenteremo - ha detto - i problemi evidenziati dalle organizzazioni sindacali degli agenti per le pesanti e rischiose condizioni di lavoro, e di vita, degli agenti di polizia penitenziaria e degli operatori, nonché le questioni relative alla assistenza sanitaria e più in generale alla sicurezza nel territorio regionale''. Bracco ha anche assicurato che informerà dei risultati dell'incontro anche il prefetto di Perugia, con cui i sindacati si incontreranno lunedì prossimo. Ha detto inoltre che saranno formulate precise richieste agli organi interessati riguardanti l'aumento del personale, e un'attenzione particolare sarà riservata alla gestione del programma dei trasferimento dei detenuti, tendente a rimuovere i ''gravi squilibri che si producono all'interno dei singoli istituti umbri''. Ha, infine, assicurato che porrà all'attenzione della giunta regionale le questioni relative all'assistenza sanitaria dei detenuti, che comporterà un aggravio di attività e risorse per il servizio sanitario umbro, soprattutto per quanto riguarda la tossicodipendenza. All'incontro - riferisce ancora il comunicato - erano presenti i rappresentanti di tutte le sigle sindacali umbre degli agenti di polizia penitenziaria (Sappe, Cisl-Fns, Uil, Cgil-FP, Cnpp, Sinappe e Ugl) che hanno fornito i dati riguardanti la situazione carceraria nella regione. I detenuti - hanno spiegato - sono poco più di 1.100, ma - come detto - se ne aggiungeranno 500, già in corso di trasferimento. Poco meno di 800 gli agenti, ''già sotto organico in condizioni normali''; il fabbisogno previsto per i nuovi trasferimenti dovrebbe essere di 300 unità, ma ad oggi, sottolineano i rappresentanti sindacali ''ne sono arrivati soltanto 40, in missione, e unicamente nel carcere di Perugia''. Gli agenti denunciano ''turni massacranti di 8 o 12 ore in più (contro le normali 6)'', con straordinari obbligatori che avendo sforato la quota massima non sono pagati per intero e che non è possibile recuperare. E ancora, ''condizioni di oggettivo rischio per gli operatori causato dal rapporto non equilibrato tra numero di agenti e numero di detenuti''. Una situazione ''già difficile, che diventerà assolutamente ingestibile a trasferimento completato''. Denunciano inoltre ''i rischi legati alla sicurezza e all'ordine pubblico per l'arrivo di detenuti comuni che potrebbe comportare anche il trasferimento in Umbria delle relative relazioni sociali''. Problemi rilevanti anche per l'assistenza sanitaria, a carico del servizio sanitario regionale, in termini di risorse umane, finanziarie e strutture. Sottolineato in particolare, il problema specifico dei tossicodipendenti, che rappresentano quote rilevanti nella popolazione carceraria e per i quali già da ora ci sono grandi problemi per l'assistenza dei Sert e nelle comunità di recupero umbre. I sindacati, che hanno descritto anche la difficile condizione dei detenuti causata dal sovraffollamento, chiedono un'azione immediata e comune delle istituzioni umbre nei confronti del Governo e dell'amministrazione penitenziaria, affinché siano assegnati più agenti contestualmente ai nuovi arrivi di detenuti, senza aspettare la revisione delle piante organiche, e una defiscalizzazione degli straordinari. Per gli stessi sindacati, servono risorse aggiuntive al servizio sanitario regionale che dovrà farsi carico dell'assistenza dei nuovi arrivati. Rilevato, infine anche ''il rischio di considerare gli istituti come dei semplici contenitori, despecializzandoli, e facendo venir meno le loro attività di lavoro e recupero'' Condividi