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GUBBIO - Mercoledì  5 agosto, alle 21,15, la stagione estiva del Teatro Romano di Gubbio prosegue con Don Giovanni e le sue donne! di Molière, con Corrado Tedeschi e Corinne Bonuglia, regia di Beppe Arena. Il carattere dell'opera è estremamente vario: ora la commedia spigliata dal tono leggero e galante, ora il dramma umano dal tono solenne. La satira del costume s'alterna alla discussione sui più elevati problemi morali. Composta di elementi così disparati, la commedia si distacca da ogni altra opera dell'autore francese, divenendo quasi la più shakespeariana delle sue opere. L'unita' rigorosa che manca nella struttura, c'è invece nel carattere del protagonista: prima soltanto libertino frivolo e leggero, poi libero pensatore per giustificarsi dei comportamenti quando rompe con la famiglia, Dio e la società. Il Don Giovanni rivela così una mancanza totale di senso morale, e con spietato cinismo tratta il dolore altrui, nel rispetto di un feroce egoismo. E' la commedia dove si riconosce il solo sentimento della realtà, spesso ipocrita come il protagonista che dovendo raggiungere con la seduzione i suoi piccoli fini, simula un sentimento che non prova. Elvira, Carlotta, Maturina e... tutte le sue donne lo sanno bene, ma sono vittime della sua simpatia, della sua bellezza fisica, del coraggio, della generosità', dello spirito d'avventura, nonché' dell'eleganza del gesto. Proprio questo carattere superbo, nei suoi chiaroscuri, nelle sue apparenti contraddizioni, fa del Don Giovanni, una delle grandi figure del teatro di Molière, considerato che in nessun altro personaggio, l'autore penetra così addentro alle più' sottili pieghe dell'animo. Nella commedia sono rappresentate tre classi sociali: Nobili, Popolani e Borghesi, tutti immersi nel proprio mondo, e senza rinunciare neanche alla libertà' d'espressione, che ne qualifica la provenienza, parlano secondo la propria condizione, evidenziando sempre più' le caratteristiche e il volo libero di un personaggio come Don Giovanni, che si eleva a ruolo di mito al di là dei vizi occulti che vivono in tutte le persone comuni. L’idea dello spettacolo è di Tinto Brass che immagina il Don Giovanni come un disincantato dandy intellettuale, un cinico seduttore dedito unicamente al piacere. “Le donne – dice Brass - saranno farfalle notturne dalle ali di velluto, languide, pallide, inquiete, illuse e conquistate dal fascino virile di Don Giovanni, smorfiose, lamentose, smaniose, labbra e unghie smaltate di rosso cupo, occhi lionati, mazzetti di violette sulle gote esangui, velette nere a proteggere volti ardenti e reticenti insieme, corpi avvolti in mantelli di lontra ornati di biondo castoro. Gli arredi andranno dai "sommomoli" del barocchetto belle époque alle cianfrusaglie del modernariato déco, dalle rose bianche ai samovar e ai profumieri accesi, dai fazzoletti di lino spruzzati di afrodisiaci strategicamente collocati sotto i cuscini damascati, alle scatolette di "polvere folle" da versare al momento opportuno sull"'ala di rondine". Iconograficamente intendo rifarmi alla figura di Gabriele D'Annunzio, quello degli anni ‘ 30 che abitava a Venezia nella "Casetta rossa" sul Canal Grande, con calli odorose di "freschin", fiori putridi, piscio di gatti in amore, ponti e fondamenta accarezzati dallo sciabordio dell'acqua nei canali, campi notturni tagliati dalle ombre lunari di cupole e campanili, sottoportici, nicchie di portoni, corti "sconta" come propizie e complici alcove.” Domenica 9 agosto, invece, un classico del teatro elisabettiano, assente dalle scene italiane da trent’anni, La Duchessa di Amalfi di John Webster. Nel doppio ruolo di Giovanna d’Aragona Duchessa di Amalfi e del fratello gemello Ferdinando vedremo un’intensa Mariangela D’Abbraccio, affiancata da Toni Bertorelli nel ruolo del malvagio Bosola e del narratore Matteo Bandello e da Ennio Coltorti, Paolo Giovannucci, Viola Graziosi, Alessandro Cangiani. La storia, piena di suspence, tradimenti, intrighi, e delitti ha affascinato i letterati, i teatranti e gli artisti di tutti i tempi e si svolge nei primi anni dei XVI secolo ad Amalfi, Roma e Milano. Il dramma di Webster racconta un episodio di cronaca nera che ebbe largo eco al tempo, avvenuto nello scenario della costiera amalfitana alla fine del XV secolo in una delle maggiori famiglie nobiliari d’Italia. La duchessa Giovanna D’Aragona, vedova giovanissima del duca di Amalfi da cui eredita la reggenza, s’innamora del plebeo Antonio Bologna, amministratore della sua proprietà. La duchessa lo sposa e da lui ha tre figli, all’insaputa dei suoi due fratelli, Ferdinando suo gemello duca di Calabria, morbosamente innamorato di lei e il Cardinale fratello maggiore. In un secondo momento per un banale incidente di percorso la notizia arriva alle orecchie dei due spietati fratelli, scatenando le ire di entrambi e una spirale di feroce e sadica violenza; a portare a termine l’efferata vicenda di sangue e odio fraterno, è il mercenario Daniel De Bosola, ex galeotto al servizio del Cardinale, “deus ex machina” degli avvenimenti, introdotto come spia in casa della duchessa. L’allestimento teatrale nasce dal lavoro di un’equipe di letterati e artisti tra i più rappresentativi della scena teatrale contemporanea, l’adattamento è di Giuliana Manganelli, la regia di Consuelo Barilari, i costumi come da tradizione elisabettiana sono firmati con creazione originale da Guido Fiorato, la scenografia di grande impatto spettacolare è stata pensata per collegare Genova ad Amalfi dall’architetto Federico Valente che ha pensato a una grande macchina teatrale formata da una struttura in ferro e legno in rotazione, autoportante luci, schermo e proiezioni. Il riferimento stilistico è quello delle grandi macchine barocche, periodo teatrale in cui si inscrive l’opera di Webster. Le Video proiezioni che contestualizzano il gusto horror e “pulp” dell’opera sono create originali da Roberto Rebaudengo; è stata dedicata particolare attenzione alle parti musicali, una creazione su base classica di Andrea Nicolini che ha aggiunto all’opera ben 6 canzoni, il cui testo è stato tratto da sonetti di Marlowe e Shakespeare, accompagnate dal vivo dal personaggio del musico. Infine lL’affascinante e vivace Marina Thovez e il bravo e trascinante Mario Zucca sono i protagonisti di una delle commedie più celebri di Plauto, Casina, che andrà in scena sempre al Teatro Romano di Gubbio giovedì 13 agosto, alle 21,15. Secondo un perfetto meccanismo comico, storie di infedeltà coniugale s’intrecciano a rivalità tra servi, invidie tra amiche, litigi tra genitori e figli, piccoli dispetti e grandi scherzi. Casina è una trovatella che è stata adottata dalla ricca coppia di Sciolgotutto e Strepitosa, ed è perciò una figlioccia ma anche una schiava, poiché di natali oscuri. I due hanno già un figlio che è innamorato proprio di Casina e vorrebbe sposarla, ma le leggi non consentono un matrimonio tra un uomo libero e una schiava. La fanciulla è talmente bella che anche il vecchio patrigno Sciolgotutto perde la testa per lei. Strepitosa, la moglie, capita l’antifona, per accontentare il figlio, e soprattutto per sottrarre la ragazza alle brame del marito, combina il matrimonio di Casina col giovane scudiero Palino, col patto lei che passi la prima notte di nozze con suo figlio. Sciolgotutto allora fa lo stesso accordo col fattore Olimpione. Dopo vari litigi tra marito e moglie e tra i due servitori, si decide di affidare al fato la scelta, tramite un sorteggio. Vince Olimpione, e mentre Sciolgotutto si prepara alla sua notte d’amore, le donne di casa architettano una grande beffa che manderà in bianco i due vegliardi. Se chiedessimo a chiunque perché Plauto abbia ritratto le debolezze dell’uomo con tanta ricchezza, con così spietata fantasia, sicuramente ci sentiremmo rispondere: “perché era un grande poeta”. Giusto. Ma se lo chiedessimo a Plauto stesso, probabilmente risponderebbe: “perché fa ridere”.  “Questo spettacolo ha un grande significato per me – dice Marina Thovez che cura anche la regia - riproporre una nuova versione di Casina significa avvicinare al teatro anche un pubblico di giovani, per il quale Plauto è materia di studio, e per il quale è molto importante il divertimento sano, intelligente e soprattutto non consumato da soli ma condiviso con gli altri. Riscrivere un classico è forse un azzardo, recitare in due una commedia basata sull’intreccio lo è sicuramente. Credo nella riscrittura di non aver tradito lo spirito dell’originale, -ché anzi grande cura è stata messa per restituire la “patina plautina”- e di aver operato con un larvato, e mi auguro garbato, intento didascalico al fine di collocare la commedia nel suo contesto socio-politico, sia per quanto riguarda i rapporti tra Roma e il resto del mondo, sia nei rapporti tra i personaggi. Quando le commedie di Plauto andavano in scena per la prima volta era immediatamente perspicua per il pubblico la funzione sociale che ogni personaggio aveva, e con essa la sua piena valenza drammaturgica; oggi non è più così: la struttura della familia è cambiata, la servitus non esiste più, e non è comunque paragonabile a quell’abominio recente che è la schiavitù. Perdere queste relazioni significa perdere gran parte dell’umanità dei personaggi; io ho voluto suggerirle all’attenzione del pubblico contemporaneo non certo per fare scuola, né tanto meno per fare politica, ma per rappresentare dei personaggi a tutto tondo, come immagino siano nati nella fantasia di un poeta appartenuto a una civiltà che amo molto, una civiltà che credo possa far innamorare chi non la conosce. Perché far recitare solo due attori? Per creare un gioco nel gioco, il meccanismo del teatro nel teatro, dove gli attori, rimasti soli per un artifizio che si svelerà  durante lo spettacolo, entrano ed escono dai personaggi sotto gli occhi del pubblico, trasformati in pochi secondi, animati da un’appassionata ed eroica voglia di far teatro, la stessa che portò Plauto ragazzino a cercare fortuna a Roma. Infatti questa Casina è un unico grande omaggio al teatro, attraverso Plauto che è stato il primo drammaturgo in suolo italico, e attraverso le vicende dei due attori, che del teatro e dei grandi sacrifici che comporta sono i due tragicomici interpreti.” Per informazioni e prenotazioni ci si può rivolgere al Servizio Turistico Associato I.A.T. di Gubbio, tel. 075/9220693.  Condividi