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Ettore Colombo (da Liberazione di giovedì 23 luglio 2009) Ci eravamo lasciati, e solo domenica scorsa, in merito alle contorsioni politico-ideologiche dell'ineffabile gruppo dirigente che guida l'attuale Pd, al «fraterno anticomunismo» di cui si sarebbe dovuto dotare, in linea di punto e di principio, il novello partito, così come auspicava il sindaco di Bari, nonché potente segretario regionale del Pd pugliese, Michele Emiliano. Anticomunismo che - per quanto volesse essere, nelle intenzioni del suo promotore, "fraterno" - pare abbia lasciato già di per sé un numero considerevole di morti e feriti, in quel simpatico campo d'Agramante che risponde al nome di Pd. Evidentemente, però, l'appetito vien mangiando. E così, ecco che, liquidato in fretta l'anti-comunismo (poco o nulla "viscerale", almeno, e per fortuna), i dirigenti del Pd - specie quelli di schiatta franceschinian-veltroniana - si sono subito dati un altro, imprescindibile, compito. Liquidare e buttare nel cestino della roba sporca - assieme al comunismo, al marxismo, all'Urss, al campo socialista, al Pci pre, durante e post Berlinguer (Veltroni e il suo endorsement pro-Craxi, data la sua lucida qualità e caratura di "innovatore" docet) et similia alias - pure tutti interi gli ultimi cento e rotti anni di storia del movimento operaio e bracciantile italiano, a partire dalla stessa (molto bistrattata a sua volta, in effetti, in questo scorcio di secolo) "sinistra". Il fuoco alle polveri lo ha dato, con un commento uscito sulle colonne del quotidiano Europa già avanti ieri, uno che non si sbaglia mai, quando fa una sortita, nonché un maggiorente del Pd da tempo in odor di eresia democratica (per dirla più volgarmente, di "scissione", dal Pd medesimo), l'attuale presidente del Copaco Francesco Rutelli. Il quale, papale papale, ha scritto che «se il Pd accetta di essere sistematicamente qualificato come "la sinistra", più ancora che bollito, è fritto». Addirittura, horibile dictu , due vecchi marpioni del peggior comunismo terzo-internazionalista, i noti e famigerati marxisti ortodossi rispondenti ai nomi di Carlo Azeglio Ciampi e Tommaso Padoa-Schioppa (entrambi ministri del Tesoro, uno persino ex presidente della Repubblica), starebbero, con i loro pericolosissimi endorsement pro-Bersani (altro noto comunista mai pentito), lì a testimoniare «un indicatore potente di quanto noi ci stiamo allontanando dalla ragione principale per cui è nato il Pd», collocandolo pericolosamente "a sinistra". Dunque, è il ragionamento di puro stampo aristotelico che fa Rutelli, se quei due sinistrorsi là dicono che il Pd deve essere "di sinistra" e se appoggiano Bersani, non si deve far altro che gridare che "la casa brucia". E correre ai ripari. Altrimenti, conclude, il Pd si ritroverà come quel rospo che,«accomodato nell'acqua che sale di temperatura, sta ritrovandosi cotto, quasi senza accorgersene». Si dirà: vabbé, quello è Rutelli, si sa come la pensa, e via a snocciolare teodem, Binetti e compagnia cantante. Macché, ahinoi. Bastava aprire i giornali di ieri, infatti, per ricevere altrettante stilettate inferte dritte nel cuore del sincero democratico che, pùverett, fino a ieri non si vergognava, nel dirsi "di sinistra". Persino una persona perbene, schiettamente democratica (al netto di note simpatie confindustriali) e intellettualmente onesta come Enrico Letta rilasciava un'intervista all' Unità per affermare - altrettanto papale papale di Rutelli, nonostante sia schieratissimo da tutt'altra parte, e cioè col fronte Bersani-D'Alema, mentre Rutelli lo è (son malgré, bon malgré) con quello Francheschini-Veltroni - che «il Pd può vincere solo con l'Udc, un partito che non si può ridurre al solo problema Cuffaro, che pure esiste». Ora, al di là del fatto che, in effetti, il "problema" (per usare un eufemismo) Cuffaro esiste eccome (chiedere, per credere, alla Procura della Repubblica di Palermo…), resta il punto: per Letta non ci sono santi, è proprio il caso di dire. "O l'Udc o il caos", in buona sostanza. E stiamo parlando dello schieramento congressuale del Pd che offre maggiori garanzie di "tenuta democratica", se si può dir così, visto che i suoi maggiori e principali esponenti (lo stesso Letta, Rosy Bindi, la Sinistra interna di Crucianelli e Vita, per non dire di D'Alema e dei dalemiani) sembrano crederci sul serio, sia al ritorno al modello e all'esperienza dell'Ulivo sia alla teoria della necessità di "tornare alle alleanze". Al centro come pure, almeno in parte sì e in parte no, a sinistra. Eppure, nel Pd, le cose (e le polemiche) stanno messe così e non ce n'è per nessuno. In quel partito, cioè, c'è il rischio che diventi una bestemmia persino la stessa - generica quanto generosa - parola "sinistra". Un sostantivo che va pronunciato a mezza voce, quasi vergognandosene, preferibilmente con atteggiamento penitenziale, possibilmente in luoghi catacombali. Al punto che persino uno come Pierluigi Bersani è stato messo in croce con accuse di ogni genere, del tipo "vuoi rifare il Pci", "sotto sotto resti comunista", "vuoi resuscitare l'Unione, altro che l'Ulivo!", e oscenità simili. E infatti persino lui, il Bersani medesimo, s'è dovuto difendere, ma non reagendo a brutto muso, bensì sminuendo, smussando, ridimensionando, ponderando. «Non voglio rifare il Pci, casomai voglio rifare l'Avis, e dotarlo di regole condivise, come in una bocciofila», è stata una delle sue migliori battute. Solo che il tono e il volto, mentre lo diceva, ricordavano tanto quel mitico personaggio di una vignetta di Andrea Pazienza che, a domanda a bruciapelo del figlio («Papà, ma gli asini volano?»), prima rispondeva secco «E dove l'hai letta, sta' cazzata?», poi di fronte alla risposta del bambino («Su l'Unità»), contro-replicava: «Ma no, niente, 5/10 cm, al massimo…». Condividi