Luca Canali Dunque l'1,6% degli studenti non ammessi e il 3% dei bocciati agli esami di maturità. Anno nero o grigio, il fenomeno è preoccupante, e se ne sono occupati, su vari giornali, scrittori noti, fra gli altri Mastrocola, Affinati, Rondoni: i loro pareri sono diversi ma contengono tutti una parte di verità. Del resto il problema della scuola (e dell'Università) è d'una tale complessità che è impossibile trovare un qualsiasi accordo sulla sua soluzione. Ma sarebbe stato opportuno sentire il parere, sperando non soltanto schematicamente rivendicativo, dei leader sindacali. Quanto scrive il poeta Davide Rondoni mi sembra cogliere gli aspetti, ma anche le cause, di quella che chiamerei non tanto "ignoranza"come fa superficialmente Mastrocola, quanto disaffezione degli studenti (nell'età forse più delicata e difficile della loro vita, l'adolescenza) nei confronti della scuola e della cultura in genere. Ma Rondoni, che pure usa toni molto duri nell'indicare i responsabili di questa preoccupante e progressiva deriva della "capacità di apprendimento" (che è, io credo, piuttosto disinteresse, se non addirittura ostilità all'apprendimento), si preoccupa forse troppo di un eventuale coinvolgimento del governo in tale fenomeno pericolosamente regressivo. Qualche parola in merito: poiché l'animo e la coscienza degli uomini non possono paradossalmente "colmarsi del vuoto" lasciato dalla vera cultura, si calano spesso automaticamente in essi valori pericolosamente negativi, cioè una anticultura fondata sul disprezzo, il sarcasmo, e persino il gusto della violenza e dell'autodistruzione come disperato oltraggio a una società e a una democrazia fondata su modelli, anche di alto rango sociale e politico (cosa che Rondoni, pur coraggioso, non ha il coraggio di dire), permeati da irrefrenabile improvvisazione, smania di successo, cinismo smerciato come disinvoltura al limite della paranoia, stampati su volti desolati o inespressivi come sono spesso quelli dei modelli di professione durante sfilate di moda o sulle pagine ultrapatinate della pubblicità in riviste per lo più inutili o anch'esse d'una micidiale spinta verso il nulla o il travolgente flusso di miriadi d'informazioni. D'altra parte se la signora Mastrocola considera «vecchio grillo parlante, probabilmente ex sessantottino», chi «ci dice di smetterla, ci avverte che bisogna comprendere e non punire, motivare e non selezionare, consigliare e non giudicare» e rimpiange dunque «i meccanismi interiori della severità», allora questo è davvero il segno che l'insegnante ha perso il senso della propria autorevolezza e del proprio carisma, di cui la severità è solo un accessorio comportamentale di cui egli non dovrebbe nemmeno avere bisogno. A questo proposito occorre toccare un punto dolente, un vero nervo scoperto dell'intero corpo scolastico: la qualità dei docenti, di cui nessuno ha ritenuto parlare. Gli insegnanti di questi ultimi decenni (con il trionfo della cultura di massa e dell'industria culturale ed editoriale), cresciuti di numero e passati - non certo per loro colpa - attraverso complicate vicende professionali (supplenze, assenze di concorsi mal sostituiti da corsi di specializzazione, insufficientemente pagati, usciti a volte mal preparati dalle Università, soggetti a spostamenti di sede, perseguitati dalle "raccomandazioni" - sport nazionale -, incalzati talvolta sgarbatamente dalle famiglie), sono spesso incapaci si stabilire un rapporto fecondo con i loro studenti, anch'essi "figli del nostro tempo", coi loro problemi, spesso anche familiari, il disagio e le tentazioni della solitudine - per l'assenza o la fuggevole presenza dei genitori - che li induce a cercare rifugio nel "gruppo", compiacimento d'una forza di cui disporre nelle avventure spesso criminali d'una quotidiana contiguità con la trasgressione anche feroce. Non intendo certo affrontare qui problematiche sociologiche, psicologiche e antropologiche. Ma sfiorarle sì, per evitare le superficiali diagnosi che sono state pronunciate a proposito d'una malattia, quella della scuola, che spesso viene considerata non poi così grave, e che invece riguarda milioni di giovani vite spesso allo sbando, giungendo a costituire, forse fra pochi anni, uno dei problemi più gravi della nostra intera nazione. Rimedi efficaci per ora non appaiono: severità? Meritocrazia? Riformine? Ma i "cattivi ragazzi" sono il prodotto d'una società e d'una democrazia "cattive" e spesso corrotte. L'unica cosa da fare, per risanare la scuola, è lottare per il risanamento della società e della democrazia. Qualche considerazione sulla "meritocrazia", illusione di cui mancano persino le premesse nel costume soprattutto politico del nostro Paese. Giustamente Rondoni attribuisce alla tv, oltre che ad altre performance spettacolari e canore, una non secondaria influenza negativa e deformatrice della mentalità e del carattere dei ragazzi: bene, ai vertici della tv, sia d'intrattenimento che d'informazione, accanto a rispettabili funzionari e dirigenti di carriera aziendale, ci sono spesso uomini di partito i cui meriti culturali sono di solito molto discutibili, e comunque ignoti. Ma si può salire ancora: siamo certi che i ministri - non solo gli attuali - sono stati e sono i migliori nel ramo culturale e operativo ad essi affidato? Per restare ancor più in tema: è sicura, ad esempio, la signora Gelmini di essere la più "meritevole", nella gestione e direzione di uno dei ministeri più importanti del governo di cui fa parte? E qual è il suo personale curriculum professionale e culturale che ha reso opportuna tale sua designazione? Naturalmente la stessa domanda vale per tutti i suoi colleghi e per le persone che sono al suo fianco come consulenti. In una democrazia che sia davvero tale, cioè trasparente, giusta, efficiente, i cittadini dovrebbero sempre sapere perché e con quali scopi avvengono le scelte dei leader, i quali talvolta obbediscono a logiche di conventicole politiche anziché al compito di garantire il "buon governo", e ai poteri più o meno occulti che li hanno sostenuti collocandoli in quei posti di estrema delicatezza e responsabilità. Come può esistere, in tale contesto, una scuola che assolva il proprio fondamentale compito di formare milioni di buoni cittadini e la futura classe dirigente? Condividi