LA RIVOLUZIONE DEI TULIPANI di Vito Nocera
Dopo Cruijff, nel 2016, e Rensenbrink, nel 2020, se ne va anche Johan Neeskens.
Erano i tre giocatori piu' rappresentativi della straordinaria Olanda degli anni 70. Un calcio sfrontato, organizzato ma libero, giocato con l'arrogante sicurezza dei ragazzi. A loro sembrava non interessare poi tanto il risultato.
E infatti quella splendida Olanda seppe perdere due finali mondiali di seguito. Per loro contava soprattutto stare nel vento del tempo.
E di quel tempo furono la spensierata avanguardia. Erano grandi campioni ma il loro fu un calcio collettivo. Anzi il piu' intenso e bel calcio collettivo di sempre. Davano voce - consapevoli o meno - alla rivolta giovanile che viveva la societa' europea in quel momento.
Best e Meroni, qualche anno prima, erano stati icone individuali. Entrambi inarrivabili e carismatici, non avevano nazionali importanti alle spalle. Si muovevano come profeti in cammino.
Con le loro chiome lunghe, le barbe incolte, la straordinaria capacita' di portare il dribbling e la sua gioia nel rettangolo di gioco e fuori dal campo. Vite sghembe, irregolari, fantastici folletti di cui fummo pazzi.
I tulipani olandesi arrivarono un po' dopo.
Intanto gli anni 70 avevano gia' bruciato alcune delle vane speranze della fine degli anni 60. Bruciate o celebrate.
Meroni muore nel 67. Best nel 68 vince coppa campioni e pallone d'oro, dopo non seppe mai piu' fare meglio. Proprio come quella nostra generazione. Che tra 68 e autunno caldo sembro' di fatto aver gia' consumato se stessa. Ancora pero' non lo sapevamo.
E non lo sapevano loro, gli arancioni olandesi, quella splendida squadra che cambio' la grammatica del calcio.
Come noi speravamo di stare sovvertendo ogni ordine sociale e civile. E loro, quei tre soprattutto, i migliori, incarnarono a pieno quella loro e quella nostra illusione. I loro capelli erano ancora lunghi. E non ci accorgemmo pero' che nessuno tra loro portava, come Meroni, il caschetto alla Beatles. E che Cruijff, pur fuoriclasse regale, non aveva il fascino di George Best. Che solo una manciata di anni prima aveva fatto impazzire l'Inghilterra del grande rock e di Mary Quant.
E anche la loro rivolta era piu' misurata
Un grande gruppo pero' quasi privo di quella differenza che faceva di Best e Meroni degli eversori del calcio. Eppure toccarono corde sensibili e tese. il loro scavallare sicuro, fiduciosi che nessuno potesse fermarli. Proprio come le nostre utopie di rivoluzionare ogni cosa del mondo. E così, stravaganti e ribelli, specchiandosi da novelli narcisi nella loro stessa bellezza, persero con i tedeschi e con gli argentini le loro due finali mondiali.
E per loro, come per noi, gia' incombevano ormai gli anni 80. Dopo, tra resistenza e illusioni, nulla fu piu' come prima.
E anche gli olandesi si dispersero qui e la' per il mondo, come le nostre disordinate passioni civili. Qualcuno tra loro, come il sommo Cruijff, trovo' spazio e successi. Ma era ormai altro da se stesso e da quella splendida rivoluzione mancata.
Nel 2016, non ancorra settantenne, morì. E Rob Rensenbrink lo seguira' di lì a poco.

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